Roma 2021/Programmi: su trasporti e rifiuti proposte minimal dei candidati sindaco

Il low profile denota mancanza di coraggio politico per realizzare scelte nel segno della discontinuità. Determinanti i progetti d’investimento. Nei trasporti si dovrebbe favorire l’integrazione. Riguardo ai rifiuti nessuno si espone dove collocare gli impianti.

La campagna elettorale per la poltrona di sindaco di Roma sembra avvolta in una specie di minimalismo politico e programmatico che si presta a diverse letture e considerazioni. E’ un tratto positivo che i principali candidati abbiano rinunciato agli annunci roboanti e agli obiettivi non realistici ma il low profile sui contenuti e sul programma potrebbe denotare anche la mancanza di coraggio politico per realizzare scelte nel segno della discontinuità. Su alcune questioni emerge la timidezza dei candidati nel fornire indicazioni chiare e precise confermando l’orientamento recente della politica di non urtare la sensibilità degli elettori, anche di piccole nicchie.

Nelle due occasioni di confronto pubblico tra i quattro candidati (con Michetti che si è sottratto al dibattito) e scorrendo quel poco di contenuti sui programmi, ciò che emerge è una lista di piccoli interventi, aggiustamenti svincolati da una visione complessiva. E’ come voler costruire un edificio senza curarsi delle fondamenta. Tutti i candidati parlano di investimenti ma nessuno che spieghi con quali meccanismi e strumenti intende far risalire la spesa per investimenti che nell’ultimo decennio è diminuita di oltre tre volte rispetto all’andamento dei dieci anni precedenti, passando da un miliardo l’anno a 300 milioni con il record negativo nel 2018 con appena 181 milioni. E Roma non soffre di carenza di risorse, anzi registra un preoccupante e crescente accumulo di fondi non impiegati. Con l’avvio operativo del Recovery Plan definire strategie e progetti di investimento diventa un elemento determinante, mentre il dibattito continua ad essere confinato su aspetti marginali e poco rilevanti.

Sul trasporto pubblico coro unanime sulla necessità di mantenere il controllo pubblico di ATAC come se l’assetto proprietario sia funzionale all’efficienza operativa. La sindaca Raggi in ogni occasione ricorda in quali condizioni fosse l’azienda rivendicandone il salvataggio con il concordato preventivo. Peccato che nei mesi scorsi i commissari liquidatori di ATAC abbiano lamentato una serie di inadempienze del Comune di Roma rispetto al piano presentato dalla giunta. Michetti parla di progetto di sviluppo senza fornire indicazioni.

Per Calenda e Gualtieri il problema principale di ATAC è la governance ma occorre anche una pianificazione a livello provinciale. Proposta interessante ma che si ferma al titolo. Nel trasporto pubblico l’annoso problema italiano, e anche di Roma, non è la frammentazione dell’offerta, ma l’eccessivo numero di affidamenti. La questione allora è come favorire l’integrazione del servizio di trasporto su bacini più ampi integrando le diverse modalità. Strategia perseguita dalla prima giunta Rutelli negli anni ’90 e ispirata dal vice sindaco Walter Tocci ma poi rapidamente accantonata.

L’integrazione tra ATAC e Cotral in un nuovo soggetto societario dove conferire i binari dedicati al TPL con relativo affidamento unico e cooperazione con i servizi offerti dai privati può rappresentare la svolta necessaria a differenza dell’agenzia per la mobilità metropolitana che sembra un ibrido senza competenze effettive.

Sul tema rifiuti le proposte dei candidati sembrano la conferma di politiche di piccolo cabotaggio, incapaci di colmare un vuoto di governance e strategie che si trascina da oltre un decennio. Ormai tutti concordano che Roma paga un grave deficit di impianti che è alla base dei rilevanti costi di trasferimento fuori regione.

La sindaca Raggi parla genericamente di due Tmb e due impianti di compostaggio entro il 2024. Calenda aggiunge un termovalorizzatore, mentre per Gualtieri bisogna partire dalla bioraffinerria, dai Tmb di seconda generazione, dai biodigestori anaerobici” e per quanto riguarda il termovalorizzatore la questione si risolve potenziando quello di San Vittore, non costruendone uno ulteriore.

Anche Michetti indica la necessità di realizzare nuovi impianti senza indicarne numero e tipologia. Nessuno tuttavia che abbia annunciato dove localizzare gli impianti nuovi e tantomeno indicare la capacità complessiva.

Milano ad esempio conta tre discariche, 2 TMB, 3 termovalorizzatori e 14 impianti di compostaggio per una capacità complessiva da oltre 800mila tonnellate l’anno a fronte di quasi 700mila tonnellate di rifiuti, pari a un terzo del volume prodotto a Roma.

Calenda propone di mettere AMA dentro Acea replicando l’idea di multiutility promossa da altre grandi città, ma l’operazione così concepita non evidenzia quali siano i vantaggi sul piano operativo considerando la scarsità di impianti. E con il rischio di appesantire il profilo patrimoniale di Acea. Volendo annotare gli aspetti positivi della campagna elettorale, nessuno parla più di rifiuti zero in 5 anni, o fissa obiettivi velleitari sulla quota di raccolta porta a porta (il piano AMA indica un 65% al 2025 ma negli ultimi 5 anni il consuntivo è un misero aumento da 43 a 46%). A ben vedere è una magra consolazione.

 

 

 

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