Salario minimo: cresce la voglia dei partiti di scavalcare il sindacato

Premier Meloni contraria, ma nella destra sociale e in pezzi della Lega l’idea trova consensi. Con 9 euro l’ora, proposti da Pd e M5S, saremmo in quinta posizione per reddito lordo minimo su 33 paesi.

L’introduzione del salario minimo per legge è tornata di attualità grazie alla proposta sottoscritta dai partiti di opposizione. Non tutti, Matteo Renzi si è sfilato ed è piuttosto curioso, considerato che il salario minimo era previsto nel Job Act firmato da Renzi e Poletti ma poi è stato dimenticato dai decreti attuativi.

Il salario minimo, così come l’autonomia differenziata e la riforma del bicameralismo, rispondono a logiche di tattiche politiche, servono a definire alleanze tra i partiti. Se poi sono necessarie ai cittadini è un di più. L’unica certezza è che governo e Parlamento vantano una produzione normativa che non ha paragoni al mondo. Per affrontare la pandemia l’insieme dei decreti Cura Italia, rilancio, liquidità, ristori, ristori bis e ter conta 625 articoli, 216 decreti attuativi e ben 380 capitoli di spesa. Gli Stati Uniti con il Coronavirus aid, relief and economic security act ha stanziato circa 2mila miliardi di dollari di aiuti a famiglie e imprese con meccanismi molto semplici e chiari, in totale soltanto tre tipologie di sussidi.

Il tatticismo non è solo un fenomeno della politica italiana. Il salario minimo per legge è stato introdotto nel 2014 in Germania, una concessione necessaria di Angela Merkel ai socialdemocratici per sancire la grande coalizione. Nel merito il salario minimo in Germania oggi è 12,50 euro l’ora, pari al 48% del reddito mediano. Inoltre non si applica a disoccupati di lungo corso (oltre i 12 mesi) e tirocinanti.

 

Preferibile puntare sulla strada di una contrattazione di qualità tra imprese e sindacati

 

I 9 euro nella proposta di PD e M5S rappresentano un importo superiore a molti contratti collettivi anche se la retribuzione complessiva ormai si compone di voci extra come il welfare contrattuale e benefit di varia natura che godono di una fiscalità agevolata. L’idea del salario minimo è per fronteggiare il crescente fenomeno dei working poor, tanto che la stessa Commissione europea ha varato una direttiva al riguardo. L’Italia non è obbligata a introdurre il salario minimo per legge in quanto oltre l’80% dei lavoratori è coperto da un contratto collettivo, mentre il 13% percepisce un salario inferiore ai minimi contrattuali. Il salario minimo dovrebbe tener conto delle differenze di produttività sul territorio e del costo della vita. In soldoni, 9 euro l’ora a Milano hanno un potere d’acquisto ben inferiore rispetto a Crotone. Il rischio è che il salario per legge ingrassi ancor di più la foresta del lavoro nero e irregolare, pratica molto diffusa in Italia rispetto alla Germania. Sarebbe vitando la proliferazione dei contratti pirata (da 300 a quasi 900 in meno di un decennio). Ma servirebbe una legge sulla rappresentanza. Inoltre il salario minimo per legge dovrà tener conto che in Italia il contratto collettivo è requisito indispensabile per accedere ai sussidi e partecipare agli appalti pubblici.

La questione quindi non è stabilire un salario minimo ma attraverso quali modalità. Sicuramente non si cancella la povertà imponendo aumenti retributivi ex lege. Interessante il risultato del calcolatore Ocse sui redditi. Con 9 euro l’ora l’Italia si collocherebbe in quinta posizione per reddito lordo minimo su 33 paesi ma precipita al 18mo posto per reddito netto. La ragione è che in molti paesi le famiglie a basso reddito ricevono aiuti molto più consistenti degli italiani come assegni per i figli, contributi sugli affitti, agevolazioni fiscali. Senza considerare l’ampia gamma di servizi sociali (asili nido, trasporti, ecc.).

 

Lo Stato che si erge a protettore dei lavoratori delle imprese private mentre continua a essere un pessimo datore di lavoro

 

Sul salario minimo il PD di Elly Schlein ha sposato la linea di Giuseppe Conte rinunciando a strumenti alternativi che, ironia della sorte, negli ultimi anni sono stati proposti da esponenti del PD come l’ex Ministro Andrea Orlando. In sostanza una sorta di salario minimo complementare alla contrattazione settoriale, coinvolgendo le parti sociali in un organismo presieduto dal presidente del Cnel.

Il salario minimo per legge invece significa che lo Stato scavalca a sinistra il sindacato nella protezione dei lavoratori, con la conseguenza di ridurre la sindacalizzazione e la rilevanza dei contratti collettivi e quindi appiattendo le retribuzioni verso il basso. E’ quanto accaduto negli Stati Uniti ed è la ragione per cui paesi come Svezia, Danimarca e Austria hanno già annunciato che non introdurranno il salario minimo per legge.

In Italia le continue evoluzioni politiche potrebbero favorire il salario minimo per legge. Anche nella destra sociale e in pezzi della Lega l’idea trova consensi. La premier Meloni finora si è detta contraria allineandosi ai sindacati e alle associazioni imprenditoriali ma potrebbe diventare un’opportunità politica.

E’ comunque paradossale uno Stato che si erge a protettore dei lavoratori delle imprese private mentre continua a essere un pessimo datore di lavoro. Non ha rinnovato i contratti dei propri dipendenti per 11 anni, ha deciso che i lavoratori pubblici possono incassare la liquidazione solo dopo 5 anni, è di gran lunga il principale fruitore dei contratti a termine, pratica il lavoro a chiamata (anche per un solo giorno) nella scuola e nella sanità, alimenta la precarietà.

 

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