“Mai più baraccopoli sul Lungotevere”. Era metà luglio 2016 e a pronunciare queste parole è stata la sindaca Virginia Raggi. All’epoca, il caso dello studente americano finito nel fiume aveva suscitato polemiche e indignazione sulla sicurezza delle rive tiberine. Il ragazzo, dopo un attrito con alcuni sbandati che vivevano lì, era finito in acqua ed era morto.
Qualche giorno dopo, una task force composta da AMA, vigili e polizia aveva sgomberato gli insediamenti con un’impeccabile operazione-immagine che rendesse chiaro l’indirizzo del nuovo corso amministrativo: da ora in poi, niente baracche sul Tevere.
Ma l’operazione – impeccabile nei suoi effetti scenici – si è rivelata sin da subito molto debole sul fronte dell’efficacia.
Nelle immagini sottostanti, la situazione del fiume ad agosto dello scorso anno, qualche settimana dopo il blitz di Raggi e vigili:




Il Lungotevere, oggi, è ancora ostaggio di insediamenti abusivi che possono costituire un pericolo per tutti coloro che finiscano lì inconsapevolmente. In una foto pubblicata ieri da Roma Fa Schifo vediamo che il problema – dopo un anno – c’è ancora. E che le task-force hanno prodotto un effetto mediatico che s’è scontrato dopo qualche giorno con la realtà.