Un Recovery Plan metropolitano per la crescita dell’economia romana   

Uno studio realizzato da CNA Roma in collaborazione con la Nina International offre una interessante lettura sul trend degli ultimi 20 anni

La pandemia si è rivelata uno straordinario acceleratore di tendenze già in atto nella società e nell’economia ma sta imponendo anche nuovi orientamenti che obbligano a definire nuovi modelli di sviluppo. Tornare alla normalità appare sempre più un concetto vuoto ed è tanto più vero se il riferimento è lo stato di salute e le prospettive dell’economia romana. Uno studio realizzato da CNA Roma in collaborazione con la Nina International offre una interessante lettura sul trend degli ultimi 20 anni. Alcuni fotogrammi devono rappresentare un monito per le istituzioni nazionali e locali. Le crisi possono offrire opportunità ma occorrono visione e politiche altrimenti si paga un prezzo elevato. Ad esempio la provincia di Roma mostra un grado di sviluppo superiore alla media nazionale grazie alla specializzazione nei servizi ma ha sofferto la grande crisi tra il 2008 e il 2014 in modo più acuto rispetto alla media italiana in termini di reddito pro capite.

L’analisi dell’economia romana presenta luci e ombre che devono offrire lo spunto per ripensare indirizzi e interventi. Tra le seconde la bassa propensione all’export di merci, stabile al 6% nel ventennio rispetto al trend crescente a livello nazionale dal 22 al 28%. Notizie positive invece arrivano dalla specializzazione verso settori ad alta intensità di ricerca e sviluppo e dall’export di servizi. L’intera regione Lazio ha una propensione all’export di servizi pari all’11% rispetto al 7% dell’Italia e soprattutto mostra un trend di costante crescita che naturalmente si è interrotto con la pandemia. Un anno orribile per i servizi a livello globale. Negli ultimi 50 anni soltanto tre volte (1973, 2008 e 2020) il settore dei servizi ha accusato una caduta del giro d’affari facendo precipitare il prodotto interno lordo.

Uscire rapidamente dalla pandemia è la condizione necessaria per ripartire ma sarebbe miope immaginare di rimettere indietro le lancette della storia. È necessario che Governo, Regione e Comune definiscano misure incisive per puntare con decisione all’export. Al tempo stesso occorre una visione condivisa e interventi coordinati e coerenti da parte delle istituzioni. In quest’ottica non è di conforto che il Recovery Plan dell’Italia non contenga una missione specifica per le aree metropolitane a partire da Roma per le quali il digitale e le politiche per la transizione climatica sono temi fondamentali per la competitività. Serve una riflessione anche sulla sbornia da statalismo alimentata dal Covid. L’intervento pubblico si è rivelato decisivo ma sarebbe imprudente immaginare che lo Stato possa sostituirsi ai fallimenti del mercato ed essere l’unico motore per lo sviluppo. E nel Recovery Plan, purtroppo, non ci sono riferimenti agli investimenti privati se non in modo marginale.

Il mercato e il capitale privato spesso manifestano energie insospettabili che devono essere tuttavia regolate. Lo studio sull’economia della provincia di Roma ne offre alcune evidenze. Ad esempio negli ultimi anni c’è stata una trasformazione del sistema produttivo che proprio nell’anno della pandemia ha mostrato una capacità di tenuta impensabile. Il settore moda-arredo-gioielleria della provincia nel 2008 esprimeva lo 0,7% in termini di quota di mercato dell’export italiano. Nel 2019 la quota romana era salita all’1,3% nel silenzio generale. Maglieria, abbigliamento e gioielleria hanno mostrato un trend positivo anche l’anno scorso e insieme all’illuminotecnica hanno contribuito a risultati senza dubbio positivi. Nel primo trimestre del 2020 l’export totale di merci della provincia di Roma ha mostrato una crescita del 18% contro la flessione del 3% dell’Italia. Il lockdown ha fortemente penalizzato l’export romano (-34% rispetto al -26% della media italiana) ma poi la performance è stata notevolmente superiore in particolare nell’ultimo trimestre con un calo del 3% delle esportazioni italiane mentre le vendite all’estero di Roma hanno evidenziato una crescita del 4%.

Deve inoltre far riflettere che i settori a maggiore crescita nell’export registrano un incremento della componente della micro impresa, confermando un altro luogo comune da sfatare: il problema italiano non è il sistema produttivo molecolare, è la carenza di grandi imprese.

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