Dopo l’episodio della voragine apertasi a Tor Pignattara (che due giorni fa ha inghiottito due automobili posteggiate), torna l’allarme sul rischio degli sprofondamenti naturali nella Capitale.
Una media di 100 sprofondamenti all’anno
Secondo l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), Roma è in cima alle classifica italiana delle città più esposte a questo rischio, con una media di 100 sprofondamenti l’anno negli ultimi 15 anni. Ma è l’intera regione Lazio a risultare tra le quelle italiane più esposte a fenomeni di sprofondamento (insieme a Campania, Sardegna e Puglia).
Nel 2009 partito il monitoraggio Ispra a Roma
Già nel 2018 l’Ispra aveva lanciato l’allarme sul rischio voragini nella Capitale. “Roma sprofonda e lo ha fatto nel 2017 al ritmo di una voragine ogni 3/4 giorni e, se il trend dei primi tre mesi è confermato per tutto il 2018, lo farà al ritmo di 1 ogni 36 ore. Basti pensare che negli ultimi 8 anni il numero medio degli eventi romani è cresciuto in maniera esponenziale: da 128 voragini (16 eventi ogni anno) a più di 720 (oltre 90 all’anno)”, scriva l’Istituto nel 2008.
Una situazione critica che richiederebbe investimenti di almeno 8 milioni di euro per le aree più a rischio. Il Lazio negli anni si è dotata di una normativa ad hoc che prevede sia il monitoraggio delle aree edificate sia di quelle su cui si intende costruire. E a partire dal 2009, l’Ispra ha iniziato il monitoraggio della Capitale fino al Raccordo Anulare con uno studio denominato “Carta di suscettibilità ai sinkholes (sprofondamenti)”: i dati sono aggiornati fino al 2014 e sono uno strumento fondamentale per stabilire il rischio di voragini nei quartieri della città.
Quadrante est della Capitale più esposto
Nel solo territorio di Roma, infatti, negli ultimi 15 anni si sono verificati in media 100 sprofondamenti l’anno, dovuti per lo più a cedimenti delle cavità sotterranee, con danni anche significativi. Il fenomeno – spiegano da Ispra- è purtroppo in incremento e nei periodi alluvionali intensi è capitato che si verificassero 20 sprofondamenti al giorno, con dimensioni e pericolosità molto diversi tra loro a “causa del sovraccarico di pioggia nella rete dei sottoservizi della Capitale”.
Diverse le aree considerate a rischio, ma quelle maggiormente interessate dalla formazione di grandi voragini si concentrano nella porzione orientale della città. In particolare il Municipio V, il Municipio VII, il Municipio II (quartieri Tuscolano, Prenestino , Tiburtino), insieme al centro storico e le aree dell’Aventino del Palatino e dell’Esquilino rappresentano le zone più colpite.
Nella porzione occidentale di Roma invece il Municipio che conta più voragini è il Municipio XI, seguito dal Municipio XII (quartieri Portuense e Gianicolense).
La causa principale della formazione delle voragini capitoline è la presenza di numerose cavità sotterranee, che si concentrano per lo più nella porzione orientale della città, di origine antropica scavate dall’uomo a vario titolo, principalmente per l’estrazione dei materiali da costruzione. Questi vuoti costituiscono in molti casi una intricata rete di gallerie.
Servono 11 milioni di euro per mappatura e bonifica
Finora l’Ispra ha censito e mappato 32 kmq di gallerie sotterranee che giacciono sotto il tessuto urbano, ma molte aree sono ancora sconosciute: manca all’appello, ad esempio, la grande Catacomba scomparsa di San Felice, sulla Via Portuense, che costituiva uno dei principali cimiteri della Roma cristiana del IV-V sec.
L’Ispra infine stima i costi: agli 8 milioni necessari per la progettazione e la bonifica degli otto siti più a rischio vanno aggiunti 3 milioni di euro – 1 milione l’anno per almeno 3 anni – per completare il censimento e la mappatura delle zone con presenza di cavità sotterrane. Per la Capitale, dunque, il costo totale ammonta a 11 milioni di euro.