Istanbul e Roma al fotofinish nel traffico urbano

Entrambe le metropoli vengono quotidianamente paralizzate da code di auto e da un traffico di pendolari inarrestabile e sistemico. Ciò si lega all’inadeguatezza del trasporto pubblico, e a una pianificazione urbana cieca

È dai tempi dell’Impero romano che l’appellativo “città eterna” viene conteso tra Roma e Istanbul. E se questo titolo dovesse descrivere le condizioni del traffico nelle due città, non si potrebbero trovare dei candidati migliori. Entrambe le metropoli vengono quotidianamente paralizzate da code di auto e da un traffico di pendolari inarrestabile e sistemico. Ciò si lega all’inadeguatezza del trasporto pubblico, e a una pianificazione urbana cieca. A Roma, come a Istanbul, il fallimento della pianificazione urbana è da attribuire a politiche di sviluppo non sostenibili e di corto respiro.

Il caso di Istanbul è emblematico. E forse vale la pena di analizzarlo per schivare errori di programmazione nel futuro della Capitale. Il fallimento del piano urbanistico della città è da attribuire agli errori di Erdogan che — sindaco nel 1994 al 1998 — era deciso a fare della ex capitale Ottomana il simbolo del suo successo politico. La città avrebbe dovuto attrarre capitale, produrre lavoro, modernizzarsi, tramite un ambizioso piano di investimenti infrastrutturali su grande scala. Di conseguenza la metropoli vide una rapida trasformazione da polo economico e culturale a metropoli internazionale.

Gli incentivi per lo sviluppo del sindaco Erdogan coincisero con una fase di rapida crescita economica che produsse, a sua volta, un’ondata migratoria che investì la metropoli. La popolazione di Istanbul crebbe del 2% annuo, passando da 7,4 a 12,6 milioni in 16 anni. Gli obiettivi di Erdogan sembravano realizzarsi, ma il piano di sviluppo non includeva la dimensione della sostenibilità.

Il perseguimento di obiettivi economici a scapito di un’efficiente pianificazione urbana contribuì al disastro che è la Istanbul odierna: una città progettata per le auto, con autostrade urbane che serpeggiano tra i palazzi ma con pochi e malconci mezzi pubblici. L’esigenza di usare l’auto anche per gli spostamenti più brevi ha reso Istanbul una delle città più congestionate del mondo, con conseguenze gravi per l’efficienza dell’economia cittadina. Tuttavia, questo non bastò a far cambiare la linea di sviluppo a Erdogan, diventato presidente del Paese nel 2010. Si inaugurò così una nuova stagione di progetti urbanistici avventati e altamente insostenibili.

La soluzione adottata dal Governo non peccava certo di ambizione. Nel 2016 veniva completato il ponte Yavuz Sultan Selim, un ponte sospeso di oltre due chilometri di lunghezza che collegava le due sponde settentrionali del Bosforo, un’opera che avrebbe permesso di aggirare il centro città, contribuendo allo snellimento del traffico interno. Nello stesso anno, veniva completato il Tunnel Eurasia, un progetto di 3,5 miliardi di euro che avrebbe permesso ai pendolari di evitare i numerosi ponti che attraversavano lo stretto, di fatto aggirando tutti i problemi di traffico del centro città.

Ma queste misure non sortirono i risultati sperati. Il ponte Yavuz Sultan Selim diventò rapidamente una nuova arteria stradale trafficata e lenta, anche fuori dalle ore di punta, mentre il Tunnel Eurasia ha finora registrato il 21% in meno del traffico previsto, un chiaro segnale della limitata utilità del progetto.

Il fallimento della strategia del Governo rese la città più aperta a soluzioni alternative. Delle tante sfumature che costituivano il problema del traffico urbano, la gran parte era causata dai pendolari, che avendo poche opzioni di trasporto all’interno della città, si affidavano alle auto. Ecco dunque che il Governo decise prima di finanziare l’irrobustimento della rete ferroviaria di collegamento con le periferie, per poi modernizzare e ampliare la metropolitana e le linee tramviarie che attraversano la città. Le ferrovie sono aumentate dai 45 chilometri del 2010, agli oltre 150 del 2020. Ciò ha permesso di eliminare un terzo delle auto dalle strade della città, velocizzando notevolmente anche i tempi di percorrenza.

Ma se di un successo si è trattato, è pur sempre un successo temporaneo di fronte alla pressione sistemica e costante causata dai pendolari, in continuo aumento. Nel 2020 Istanbul ha raggiunto la cifra di 15,2 milioni di abitanti, una tendenza che dà pochi segni di rallentamento. Chiaramente non basta potenziare il trasporto interno alla città, ma è necessaria una revisione completa della strategia di sviluppo di Istanbul.

Anche Roma, come sappiamo, è vittima di una pianificazione urbana insostenibile, con periferie difficilmente accessibili, mezzi pubblici inadeguati, e flussi di pendolari che, pur durante la pandemia, sono un fardello enorme per la città. Si dovrà verificare una radicale trasformazione dell’idea stessa di Capitale, con un’enfasi sulla decentralizzazione, piuttosto che sul potenziamento dei trasporti, per avere una benché minima speranza di migliorare la situazione.

Solo gli anni definiranno con certezza quale sarà la vera “città eterna”, una sfida il cui punto di partenza, nel caso di Roma, saranno le elezioni comunali del 2021.

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