Biotestamento: Cappato, ora si può morire con dignità

Dopo 11 anni passa la legge sul biotestamento. E' il successo della dignità dell'ammalato contro l'orrore della sofferenza senza rimedio. Parla Marco Cappato

Piergiorgio Welby

Dopo 11 anni di lotte la legge sul biotestamento è cosa fatta. Dopo 11 anni di tante sofferenze private e morti inutilmente peggiorate dalla “burocrazia”, gran parte dell’Italia temeva di vedere la proposta nuovamente incagliata e rinviata all’infinito. Gli ultimi eclatanti casi hanno portato nelle nostre case le immagini di come una malattia/incidente possano distruggere una persona. Situazioni dichiaratamente senza possibilità di ritorno che costringono l’ammalato a vivere ancora e ancora fra dolore e vergogna. E che ci fanno capire che nessun essere è meritevole di una tale condizione.

Molte persone gridano all’orrore certe che il prossimo passo sarà verso l’eutanasia “sottaciuta”. C’è una ricerca del Mario Negri Bergamo che parla di 20.000 attuali casi/anno di “eutanasia nascosta”. Una cifra impressionante che si sviluppa fra ospedali e mura domestiche. Questo a ribadire l’affermazione libera e cosciente della volontà di “morire dignitosamente”. Abbiamo chiesto a Marco Cappato, figura cardine e primo sostenitore del biotestamento un suo commento “laico” sull’approvazione della legge:

La “notizia sensazionale” è che da oggi chi non vuole fare testamento biologico o interrompere terapie vitali…può continuare a non farlo. Come per chi non ha voluto e non vuole abortire, divorziare, unirsi civilmente, il riconoscimento di una nuova libertà civile non ha tolto nulla a nessuno. Sottolineare tale scontatezza serve in realtà a collocare l’approvazione della legge sul biotestamento come tappa di un percorso che nasce con la grande stagione referendaria radicale degli anni ’70, si interrompe con la barriera della Corte anti-Costituzionale contro il referendum per l’abolizione del Concordato, arretra nell’era della “reazione” ruiniana, della legge 40 e del boicottaggio al referendum di Luca Coscioni, e riprende finalmente nell’ultima legislatura con le Unioni civili e -appunto- il biotestamento. E’ un percorso che ora deve proseguire: matrimonio egualitario, legalizzazione dell’eutanasia e del testamento biologico, delle droghe oggi proibite e della ricerca sulle staminali embrionali e la modificazione del genoma, per citare soltanto alcuni dei fronti aperti come Associazione Luca Coscioni.
Al contrario di ciò che ci si imputa, non si tratta qui di pretendere il diritto a tutto o di confondere libertà e licenza. Tutte le scelte che investono la nascita, la vita, la morte, le cure, la ricerca portano con loro responsabilità anche drammatiche. Di fronte a tali scelte il cittadino non va lasciato solo, e nemmeno gli basterà avere in tasca il diritto di scegliere. Avrà invece bisogno del diritto a conoscere, ad essere informato e -se lo vuole- curato e assistito da parte di uno Stato capace di garantire condizioni minime di uguaglianza nell’accesso a tali scelte. Il grande problema “etico” del nostro tempo non deve più essere quello dell’alternativa tra libertà e divieto, ma deve sempre più divenire quello delle migliori condizioni per l’effettivo esercizio della libertà. Il diritto, e non certo la clandestinità, è strumento fondamentale e condizione minima per un intervento pubblico che non sia persino controproducente. Viva la legge sul biotestamento, dunque! E andiamo avanti!”

Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso. Da “Se questo è un uomo” di Primo Levi

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