Troppo di tutto. Una boutique attaccata all’altra. Scarpe, vestiti e accessori senza soluzione di continuità. Eppure ci fermiamo ad ogni vetrina e a guardar bene c’è sempre un capo che ci manca. Un’assenza che fa del nostro armadio un triste vano pressochè inutile.
Nel gran dramma dello smaltimento dei “rifiuti” e dei vari “surplus” non va dimenticata l’enorme quantità di abbigliamento invenduto. Non per niente fioriscono i banchi e i negozi “second hand”, gli outlet, gli shop dedicati al vintage, gli scambi on line e i secchioni di Humana e Caritas. Nonostante tutto questo l’inarrestabile giostra delle collezioni si propone e ripropone sempre più veloce e regolare.
Dopo la corsa del black friday, dei presaldi e dei saldi veri che sono ancora in pieno svolgimento è già partita al galoppo l’esposizione delle novità per la prossima P/E. Anzi è molto facile vedere le vetrine dei negozi rallegrate da colori delicati e primaverili e manichini vestiti da stoffe leggere e frizzanti.
Vanno forte il solito pizzo, i satin, le sete e i tessuti operati (anche in vista del periodo clou per matrimoni, comunioni ecc). Prendono quota le righe, tipo camicia. Via ai gialli, ai rosa caramella. Pantaloni sempre larghi e svolazzanti. Cappelli e capellini, cloche e cerchietti ornamentali. Per le scarpe si va dalla “ciabatta”/slipper (orrenda, a pensarci bene, portata in città e con abito!) alla sportiva con suolona colorata e alta molti centimetri. Non possono mancare i super tacchi (per donne che non camminano!) come il tipico stivale agostano possibilmente stringato e spuntato. Anche all’uomo si da, speriamo solo per il tempo libero, una cartella colori che ricorda gli acquerelli nelle scatole di metallo.
La zona saldi,a questo punto, è già finita in fondo ai locali, quasi nascosta e un po’ vergognosa. Solo un cartello “i saldi continuano all’interno” ci spinge a ricordare che siamo ancora dichiaratamente in pieno inverno. Non è più assolutamente trendy andar per sconti, anzi è un’imperdonabile scivolata di stile comprare ora un piumino o un cappotto. Le commesse dimostrano quasi un briciolo di compassione per chi va facendo incetta di maglioni e capi invernali al 50%! Tant’è che i marchi affezionati si danno un gran da fare e tra inviti e piccoli sconti iniziali ti sollecitano a comperare la nuova collezione. Il tweed come il cachemire, la flanella come il giaccone reversibile son ormai un po’ appassiti e tristi su quegli stendini seminascosti.
Ma tutto quel ben di Dio di eco pelliccette (che hanno spopolato fino all’altro ieri), gli stivaloni, la borsa di visone da 15.000Euro e gli sciarponi che fine faranno? Ormai condannati e sopraffatti dal nuovo che avanza vedono con triste chiarezza il loro prossimo epilogo. Speriamo per noi e , soprattutto, per l’ambiente, che qualcuno, magari una start up, sappia scovare per loro una seconda vita. Suggeriamo che parte di quei capi torni a diventare una stoffa, un filo, una pelle da reinventare completamente. Un po’ come sta diventando molto modaiolo parlare di “cucina del recupero”, credo potrebbe diventare molto fashion poter dire: “sai c’è un nuovo piccolo marchio che fa cose deliziose e piene di fantasia partendo dall’invenduto della scorsa stagione. E’ un indirizzo quasi segreto e per poche amiche che sono e vogliono essere veramente snob…”
Et voilà. Abbiamo capovolto il mondo!








