L’infezione da Covid-19 ha avuto una crescita talmente esponenziale, in tutto il mondo durante l’inizio del 2020, che governi e aziende si sono impegnati al massimo nella ricerca stimolando così alleanze internazionali volte ad organizzare cordate in grado di produrre i vaccini necessari e in tempi il più ridotti possibile. Una corsa contro la pandemia che è diventata l’obiettivo primario a livello mondiale. Prima del Covid la realizzazione e l’approvazione di un vaccino per una malattia infettiva poteva richiedere anni di lavoro e di attesa. All’inizio, per quanto riguardava l’Italia, si parlò di un minino di 18/24 mesi per la creazione di un vaccino utile e sicuro.
Il mondo scientifico (e in parte anche il mondo politico/gestionale) sono stati capaci di battere ogni previsione. Ad oggi (maggio 2021) i vaccini approvati e disponibili nel mondo sono sette. Questo numero dovrebbe garantire un flusso di consegne e quindi di coperture vaccinali verosimilmente sufficiente. Nel frattempo, altre decine di vaccini sono in fase di sperimentazione in ogni Nazione. La corsa al vaccino e alla vaccinazione su ampia scala, al momento è l’unico scudo protettivo che possiamo mettere in campo contro il virus.
Manca profilassi ad hoc
Purtroppo ancora nessuno è riuscito a mettere a punto una vera profilassi ad hoc contro il Covid. Imperativo è rispettare le norme di sicurezza: distanziamento interpersonale, uso della mascherina, lavaggio e igienizzazione frequentissimi delle mani e possibilmente di tutte le superfici e gli oggetti di uso comune. Il ministero della Salute ha emanato, nel tempo, molte ordinanze e circolari proprio per puntualizzare situazioni e relativi interventi di natura sia medica che comportamentale.
I pazienti ricoverati sono, chiaramente, affidati alle fasi di cura previste dagli istituti. Discorso a parte è riservato per i pazienti curati a domicilio per i quali il ministero ribadisce la propria scelta terapeutica:
• vigile attesa (intesa come costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente);
• misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria;
• trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo o FANS in caso di febbre o doloriarticolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso).
Altri farmaci sintomatici potranno essere utilizzati su giudizio clinico; ecc. Su questa modalità si è ultimamente aperto un confronto con l’Istituto Mario Negri Bergamo che segue una procedura diversa ed ha visto diminuire in modo sensibile i casi di ricovero per pazienti domiciliari. “L’iter Mario Negri”, va detto per correttezza, non ha ancora avuto il placet del ministero che, nonostante gli indiscussi successi e pubblicazioni sulla materia, resta in fase attendista.