Ama mia, eterna assente: i Romani si autogestiscono

La municipalizzata AMA quasi non la si vede. Ma piuttosto che vivere nella monnezza i cittadini se ne inventano sempre una nuova per ovviare al disservizio

deposito fantasioso

L’Ama fa sciopero, proprio nei giorni del ponte dei Santi (e anche dopo).

La Città vive un ulteriore incubo rifiuti. Questa new viene lanciata come fosse una novità e non il solito tran tran quotidiano e capitolino: sciopero dei mezzi al venerdì, stop raccolta dei rifiuti durante qualunque tipo di vacanza o pseudo tale, caditoie pulite (?) in emergenza e mentre tutta l’Italia va sott’acqua, stop agli alcolici bevuti a collo, per strada e dopo che ci sono scappate violenze e morti, alberi che cadono “Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie”*, ospedali che prendono fuoco, gruppi elettrogeni compresi (caso più unico che raro)…

Ma dov’è lo scoop? Forse nella parola “ponte” che evoca tragedie nazionali (Ponte Morandi a Genova) e in misura più ridotta, il caos della circolazione che Roma subisce quotidianamente per ponti improvvisamente inabili alla circolazione, per strade “più buche che asfalto”, per voragini quasi decennali.

Ora la raccolta dei rifiuti, riprenderà. Le alte sfere dicono che le montagne di sacchi e sacchetti verranno “smaltite” nell’arco di una settimana. Chiaramente non tengono conto della nuova monnezza che nel frattempo si va aggiungendo.

Impietositi dalla situazione ci fermiamo a consolare il custode di una delle più belle e famose case del centro storico. E’ quasi sommerso da immensi/immondi sacchi di bottiglie, plastica, materiale organico, ecc. Così li sigilla bene, poi se li carica nella sua auto e via alla ricerca del primo cassonetto utile. Il locale dedicato a “custodire” la monnezza non ce la fa più a contenerne altra..!.”Che devo fa’ mica posso lasciare ‘sta robba in giro”.

Anche molti privati che non amano convivere per diversi giorni con la spazzatura in casa, si arrangiano: escono dal portone col fardello quotidiano e passeggiando del più e del meno, furtivamente lo spingono e lo incastrano nel cestino che sta sul marciapiede. Poi, sempre come se niente fosse, la soddisfazione e il sorriso illuminano i loro volti di contribuenti traditi dalla propria Città.

*Dante Alighieri “La Divina Commedia” 3° canto dell’Inferno

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