Pensavamo di essere un Paese di poeti, santi e navigatori e in breve tempo ci siamo accorti di essere un Paese di guardoni, di fan del true crime a tutti i costi e di maniaci.
La nostra TV, comunque la vogliamo mettere, è un susseguirsi di trasmissioni che ci coinvolgono nei fatti di cronaca nera, più o meno quotidiani. Siamo dei fantasmi sempre presenti sul luogo del delitto. E con questo accumulo di morbosa curiosità e nascosti dietro le immancabili fiaccolate e ai cimiterini di fiori e orsetti dichiariamo il fallimento definitivo del nostro sentimento e della nostra empatia.
L’Italia è uno stivale ricco di storie centenarie grondanti sangue, forse troppo poche per amore e tantissime per interesse che, non toccando l’intimo routinario, occupano, si e no, qualche riga dei libri di storia. Ma per quelle che hanno sollevato la partecipazione dei più e restano negli anni irrisolte si apre la stagione delle revisioni e delle ricostruzioni, fiction o docu-film che dir si voglia. E’ talmente lunga la strada di questi rifacimenti che non sappiamo da dove cominciare e, purtroppo, non sappiamo dove andremo a finire.
Certo si è che la Amanda Knox, così carina e angelica durante il processo per l’omicidio della sua amica Meredith Kercher, ora, finiti i giochi, si scopre imprenditrice astuta e svergognata e riempie la ventosa Perugia di troupe che con tutto l’occorrente del caso si appresta a girare una fiction sulla sua vita. Ma che vita? Ma che storia? E poi perchè proprio lì? Peccheremo di sana cattiveria ma della sua vita non ha altro da raccontare se non quel fattaccio orrendo e oscuro che capitò 15 anni fa, proprio di questi giorni, in una Perugia già luccicante per il Natale. Dopo calunnie varie, udienze, accuse e verità negate l’americana riuscì a cavaresela e tornata negli States visse. Più o meno serenamente. Cosa altro si può o si vuole aggiungere a questo dramma che l’ha coinvolta pesantemente?
Intanto per la golosità dei telespettatori va in onda un dramma degno di Giovanni Verga, un dramma familiare, intricato e cupo che parla della morte di una ragazzina, Sarah Scazzi, ammazzata ad Avetrana da chi le era più caro. Ma per salvare il buon nome del paesino e delle circa 6000 anime che lo abitano ma, soprattutto per disincagliarsi dalle contestazioni legali e poter mandare in onda la tragedia di quell’estate di 14 anni fa, si cambia titolo e lo si fa alla svelta e in maniera davvero pietosa: Avetrana diventa una “Non Hollywood” disonorando se possibile ancora di più la piccola Sarah che diventa la martire del mondo di una cattiva comunicazione ormai senza più rispetto e pietà