Baby gang, frutto del vuoto educativo

Le bande di ragazzi/e sono diventate un male italiano che sempre più spesso colpisce l'ordine pubblico e la socialità. Ma se guardiamo bene dietro loro non ci sono figure di riferimento e la scuola non è più in grado di "educare"

C’è una ferita in Italia che non accenna a rimaginarsi ma che, anzi, si fa di giorno in giorno più grave e profonda: la questione delle bande giovanili.

Gruppi di ragazzi/e che si raccolgono intorno ad un leader capace di monopolizzare l’attenzione e i comportamenti, con l’unico scopo di razziare, spaventare e rompere tutto quello che trovano.

Sono decine, migliaia di giovani che si spostano compatti da una zona all’altra o da un locale all’altro con il solo intento di provocare e di infrangere quelle che sono le regole del vivere comune.

Non ci sono numeri certi che possono indicare la portata del fenomeno ma è certo ed evidente che rappresentano una massa in continuo aumento.

L’età dei componenti continua a scendere in maniera proporzionale al vuoto educativo che li accompagna.

La banda comunica un senso di aggregazione, di forza, identità, solidarietà, avventura, senso della vita che nè a casa nè a scuola questi ragazzi trovano.

A volte sono giovani che hanno abbandonato il percorso di studi, per negativismo ma spesso anche per quel senso di inadeguatezza e scipitezza che l’insegnamento trasmette.

Le lunghe notti sbandate sono diventate ormai un grave problema di ordine pubblico e sociale ma se i tredicenni/quattordicenni si trascinano fatti ed ubriachi fino alle prime ore del mattino vuol dire che non esiste più un sistema educativo capace di inglobarli e trattenerli.

Insomma se hanno le chiavi di casa vuol dire che qualcuno gliele ha date e se non rientrano entro una certa ora vuol dire che non frega niente a nessuno, perchè questi sono ragazzi deprivati del senso della famiglia e di una figura di riferimento e oppressi da tanta tanta solitudine affettiva e formativa.

Le colpe ci sono, eccome, e sono degli adulti, che siano famiglie, scuole o istituzioni incapaci di creare dei modelli di aggregazione attrattivi e stimolanti. Lo sport, gli oratori e i doposcuola davvero interessanti sarebbero, come sono stati in passato, degli ottimi catalizzatori.

Ci sarà sicuramente il soggetto che sguscia via dalle maglie di una rete educativa ben strutturata ma la maggior parte, trovando spazio comune da condividere trova anche un senso più chiaro e positivo all’alternativa della strada.

Tutti cerchiamo di dare un senso alla nostra vita e grazie Dio abbiamo, bene o male, nelle nostre mani gli strumenti per trovarlo.

A questi ragazzi “sbandati”, scientemente, non viene offerto alcuno strumento sul quale lavorare per poter crescere degnamente e senza rischi.

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