L’accumulo di affitti non pagati dalla ‘’Case delle Donne’’ per quasi 900 mila euro, ha spinto il Comune di Roma a decidere la disdetta della Convenzione e ha fatto gridare allo scandalo. Come se fosse normale per un ente no profit o una istituzione meritoria non pagare l’affitto.
Se non c’era da stupirsi che gridassero allo scandalo esponenti politici della minoranza, come il Pd, al quale l’associazione si è sempre ispirata, ci stupisce che anche molti media si siano dimostrati disponibili a fare da megafono alle rivendicazioni delle inquiline morose della ‘’Casa delle Donne’’, che con origini sessantottine si ispira ad altrettante associazioni operanti in Europa.
Nulla da dire sulle finalità di un’iniziativa ormai consolidata e benemerita a favore delle donne. E tanto meno delle costose migliorie apportate alla struttura! Ma come può essere accaduto che per anni e anni, nonostante i continui confronti con le diverse Amministrazione, alla fine non venisse mai pagato l’affitto pattuito?
La così detta ‘’sfacciataggine’’ e la ‘’insensibilità’’ della giunta M5S, oltre a far rientrare l’associazione nelle regole del Comune, serve a dimostrare una volta di più che il welfare nel nostro Paese (e chi se ne è occupato) abbia goduto di ‘’salvacondotti’’ di ogni genere e di scarsa trasparenza.
L’importante supplenza sul fronte assistenziale, che ha spesso coperto le insufficienze dello Stato, non basta però a giustificare l’inosservanza di leggi e regolamenti, a cui sono tenuti tutti i cittadini, a partire dal pagamento dell’affitto concordato, se è previsto da un contratto. E se il Comune e altre istituzioni, come succede all’estero decidono di sovvenzionare delle iniziative, è sempre una libera scelta, e non un obbligo. Resta valido ed evidente il fatto che anche chi riceve il contributo debba poi attenersi a regole e regolamenti.
E’ vero che, col buon cuore e chiudendo un occhio, i partiti più tolleranti, e soprattutto il Pd e chi è venuto prima, hanno cercato di conquistare più elettori, ma si è tratta del peggiore consociativismo, fra operatori e Stato, perché costruito e cresciuto sulle spalle di chi ha bisogno.
Spezzare la catena, può essere inizialmente doloroso, ma poi, se tutti sono chiamati ad osservare le regole, il vantaggio diventa generale. Disperso il fumo del tacito compromesso tutto diventa più chiaro e ben visibile. Se, ‘’la Casa delle Donne’’ non riusciva a pagare l’affitto; le precedenti Amministrazioni, anziché far accumulare pigioni inevase, avrebbero dovuto impegnarsi, come solo ora propone il Comune, (forse troppo tardi) a trovare un nuovo accordo.
Ma tutto ciò non rientra nei comportamenti di chi si riempie la bocca, talvolta enfaticamente, di democrazia e solidarietà, togliendo, in questo modo, credibilità e forza alle vere formazioni che dell’aiuto stanno facendo un “nuovo miracolo italiano”.