La giornata mondiale dell’alimentazione ha spinto le istituzione a identificare un nuovo punto fermo sulle attuali abitudini alimentari degli italiani e dei Romani in particolare.
“A Roma raggiungiamo più del 40% di cibo buttato, siamo al di sopra della media nazionale che è del 35%”. Così il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri a seguito di uno studio attento e preciso. Non c’è differenza fra gli alimenti sprecati: che vengano dai mercati rionali, dai super, o dagli alimentari e non c’è difformità di categoria perchè quel che resta finisce regolarmente nella spazzatura.
Pagano il prezzo più alto frutta e verdura e perchè no, quello che resta abitualmente nel piatto quando andiamo al ristorante.
La soluzione, in parte c’è ed è quella di chiedere il tanto famoso doggy bag e portarsi il cibo a casa. Ma chissà perchè i romani non lo usano forse per vergogna forse perchè lo ritengono squalificante. E invece no, anzi dimostra una seria attenzione al proprio denaro e allo spreco come abitudine di vita.
La paura della guerra si risolve nel dramma delle bollette ma ben poco incide sull’abitudine a riciclare in tanti modi i cibi rimasti. In cucina dobbiamo imparare ad usare quello che abbiamo: ad esempio in casa le verdure scartate possono essere usate per minestroni e brodi. Oppure fare caponate. Le frittate sono le cose migliore per riciclare quello che abbiamo, mentre il pane raffermo si può usare per panzanella o per fare le polpette.
Per contro i mercati sono quasi deserti e gli acquisti nei carrelli molto ridotti.
Innegabile che i prezzi al consumo abbiano subito un’impennata davvero molto seria. Non c’è prodotto che non abbia visto un rincaro notevole; quindi prezzi in salita per frutta e verdura tipica di questa stagione, ad eccezione delle pesche e aumenti anche del 52% per la bieta e del 53% per le zucchine. Più contenuto, si fa per dire, l’incremento delle melanzane (+35%) mentre un 7% in più lo registrano mele, uva e susine. Anche alcuni tipi di pesce diventano decisamente proibitivi come le alici, rincarate del 37% da un anno all’altro, il calamaro, +22% e l’orata, +12%. Il prezzo delle alici, invece, passa dai 3,15 ai 5 euro in soli 12 mesi e vediamo quello che era, una volta, un cibo povero diventare improvvisamente un piatto da re.
«È vero, registriamo aumenti sensibili per ortofrutta e ittico ma comunque contenuti rispetto a quello che sarebbe invece potuto accadere” spiega il Direttore generale del Car, Fabio Massimo Pallottini.
Anche i mercati rionali subiscono una notevole frenata. Quello che era il pienone del fine settimana e fine giornata (quando i prezzi automaticamente sono ribassati) oggi non esiste più. La gente preferisce fare spese più ridotte e intorno ai 40 Euro piuttosto che gli approvvigionamenti più voluminosi che tenevano conto, bene o male, di 7 giorni futuri.
Coldiretti calcola che il 51% degli italiani sta operando un grosso taglio sugli acquisti.
Tanto per darci la stangata finale ci informano che in vista delle feste natalizie panettone, pandoro, torrone e spumante aumenteranno sicuramente almeno del 40%