Un cocktail di ovuli, cure ormonali, sperma, incroci familiari, gravidanze surrogate e ampiamente fuori tempo massimo, un distorto amore materno, una irrazionale ed egoistica ambizione di maternità “inattuabile naturalmente”, un utero come contenitore e i fatidici nove mesi di gestazione. Così nasce la bimba Uma Louise.
Figlia di tutti e di nessuno.
Gli attori del dramma che ha visto la luce in Nebraska si sono consorziati in gruppo familiare molto, ma molto aperto e hanno deciso di mettere al mondo una bimba: partorita da una nonna/mamma, concepita con un ovulo della “pseudo zia” e lo sperma di un donatore che assume il ruolo di padre/mammo.
I 2 felici genitori gay, regolarmente sposati hanno coronato così il loro più grande desiderio: avere un figlio “tutto loro”!!!.
Per ora la piccola Louise, immaginiamo, non dia grossi problemi. Pannolini, biberon e pianti notturni. Le solite cose, insomma.
Ma quando sarà più grande e guarderà il mondo comincerà a porre delle domande. Ogni risposta NON potrà mai, secondo noi, far sorridere la bimba. Si sentirà sempre e comunque un esperimento. Guardata, giudicata e additata come tale. Sarà comunque felice Louise? Avrà una vita comune e tranquilla? Se si, beata lei. Sarà la capostipite orgogliosa di una generazione di bambini semi UFO!
Noi, in verità, vorremmo dire basta a queste forzature della natura che, alla fine, non si ritorcono contro i protagonisti, da oggi su tutti i media, ma sui “prodotti estremi” che non hanno mai chiesto di esistere a costo di tali manipolazioni.