Papa Francesco e il Gesù Bambino avvolto nella kefiah

Fra i presepi che addobbano le stanze del Vaticano uno, in particolare, ha fatto il giro del mondo e ha sollevato molte discussioni ed è quello con Gesù Bambino adagiato su una kefiah. Che significato ha una scelta così sconcertante?

Com’erano belli i presepi di quando eravamo piccoli: muschio profumato, laghetti di carta stagnola, tante pecore, tanti pastori e un Gesù Bambino bello e biondo che sorrideva al mondo dal suo giaciglio di paglia. E noi affascinati dal mistero che avvolgeva la scena a sognare su quel momento e su quei luoghi così lontani da non conoscerne nemmeno il nome.

Oggi siamo diventati grandi con pochi sogni e con ben chiari e  presenti i nomi di quelle terre lontane. Il presepio, magari, lo facciamo ancora ma senza fantasie e incantamenti.

Ma in questo Natale 2024 quel Gesù Bambino, così sempre simile a se stesso ed inclusivo, si è trasformato in un simbolo della discordia, della guerra e della morte che sconvolge proprio quelle che furono le sue terre.

Sabato, Papa Francesco ha ricevuto un presepe in legno di ulivo intagliato e donato dagli artigiani di Betlemme, Francesco l’ha benedetto e poi è stato sistemato in sala Nervi. Un regalo pieno di significati e lacrime e sangue, un dono, che in questi momenti di guerra ha quasi il peso e l’affanno della croce sul Golgota.

Però questo Gesù Bambino non ha la paglia nella sua mangiatoia ma una kefiah, immagine che fa trasalire il mondo intero.

La kefiah dagli anni 30 rappresenta infatti il simbolo dell’identità, della resistenza e della sofferenza del popolo Palestinese. Il suo uso si è subito allargato fino a diventare l’icona di ogni manifestazione e di ogni lotta politica e non. Quindi di ogni conflitto.

Noi vogliamo pensare che Papa Francesco abbia deciso, con la questa scelta molto censurata, di avvicinare le metafore di due popoli senza pace che lottano per sterminarsi a vicenda. E questo sarebbe quasi rispettabile se non ci fossero, nelle sue ultime omelie, quei continui richiami alla “martoriata Palestina” fino ad arrivare a interrogarsi se non si possa parlare di «genocidio» (da parte di Israele).

Parole che pesano come pietre e che, Dio non voglia, possono scavare un solco ancora più profondo tra il mondo ebraico e quello cristiano.

Noi tutti ci auguriamo che Gesù Bambino torni a mostrarsi così com’è sempre stato: simbolo di pace, di luce e che possa riposare sulla quella paglia che è comune a tutte le anime del mondo.

Aggiornamento delle ore 15                                                            Mentre esce il nostro articolo arriva una new da Ansa Presepe in Vaticano, rimossi bambinello e kefiah”. Nel presepe in Vaticano spariscono la kefiah che avvolgeva la culla e il bambinello.

 

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