Dalla vexata quaestio dei fuochi artificiali/botti nella Capitale prorompono sempre più evidenti due circostanze gravi e inconfutabili. Circostanze che coinvolgono e sviliscono sempre più istituzioni e cittadini, consegnando Roma ad un inarrestabile e cosciente destino negativo.
Le istituzioni (con i minuscola perchè la maiuscola non se la meritano!) perché tanto dicono e pochissimo fanno. Non ultimo proprio il VETO a sparare fuochi e botti la notte di capodanno. Veto da intendersi, ovviamente solo per i privati sorpresi proprio all’ultimo e come si suol dire, già col cerino in mano. 10 + e applauso scrosciante al Campidoglio per il brillare di tempestività e programmazione.
Standing ovation, invece, per l’assoluto menefreghismo e trascuratezza della popolazione che proprio non ha nemmeno, e per un minuto, dato retta all’invito (??) di starsene fuori dalle esternazioni pirotecniche. Anzi, già che c’erano, i romani han fatto ben più degli altri anni; anche in termini di feriti più o meno gravi.
Ecco da dove inizia e prosegue di gran corsa la nuova decadenza della Città “caput mundi”. Comincia dal privato: quello che sulla Cassia, nottetempo, “smaltisce gli elettrodomestici, quello che non raccoglie la cacca del cane, quello che la monnezza la butta dove cavolo gli capita: dentro e fuori dai secchioni, la decadenza comincia da quelle povere fioriere fuori dai negozi che nessuno si sogna di curare, da quelle piante che nessuno bagna, da quel “ladro” che usa i mezzi pubblici SENZA MAI PAGARE, da chi si lamenta e con l’indice perentorio addita il Campidoglio e le municipalizzate come fonte di ogni turpitudine.
A voi che prendete le bici comunali e le buttate nel Tevere, a voi che, per ridere, incendiate i cassonetti, a voi che le strisce pedonali e i pedoni danno fastidio, a voi che della vostra qualità di vita e della sopravvivenza dignitosa di Roma non ve ne frega proprio niente e anzi usate l’inevitabile squallore che ne deriva per poter poi accusare l”establishment” in generale; ecco a voi mi va di ricordare che “chi è causa del suo mal pianga se stesso” e che se l’impero e la Roma antica finirono miseramente non fu solo colpa delle invasioni barbariche (che anche oggi fanno tanto comodo!!!!) ma di un lungo processo di degrado e di malcostume. Tale era il deterioramento e trascuratezza che Varrone* sconsolato dice che “nemmeno Ercole ce la farebbe a ripulire Roma”. E aggiunge “Nunc sumus in rutuba”, che rapportato ad oggi significa “siamo nel caos”.
* Pubblio Terenzio Varrone fu poeta romano (82-40/35 a.c.)