Carceri Lazio: tra sovraffollamento, sanità carente e rischio di autolesionismo

La situazione più grave è quella della casa circondariale di Regina Coeli a Roma dove, secondo gli ultimi dati diffusi dai Radicali, a febbraio scorso, a fronte di una capienza regolamentare di circa 600 persone, i detenuti superavano i mille

Sovraffollamento e assistenza sanitaria carente, sono i punti dolenti del sistema carcerario del Lazio. La situazione più grave è quella della casa circondariale di Regina Coeli a Roma dove, secondo gli ultimi dati diffusi dai Radicali, a febbraio scorso, a fronte di una capienza regolamentare di circa 600 persone, i detenuti superavano i mille.

Ma il problema del sovraffollamento tocca l’intero sistema degli istituti penitenziari della regione dove si trovano circa 6700 detenuti – alcuni dei quali con problemi psichiatrici – a fronte di una capienza di cinquemila. È il Provveditorato Lazio-Abruzzo-Molise a segnalare le criticità in commissione Affari costituzionali, statutari e sicurezza del Consiglio regionale del Lazio. Durante l’incontro è stato affrontato il tema dell’assistenza sanitaria negli istituti (di competenza regionale) e il rapporto difficile tra le Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) e le case di detenzione.

Nella casa circondariale Giuseppe Passerini di Civitavecchia ci sono 530 detenuti, e altri 70 si trovano nella casa di reclusione. Sono presenti due detenute psichiatriche e un uomo in attesa di Rems. Diversi i probelmi segnalati, dal turnover di medici e infermieri, allo scarso numero di operatori sanitari, alle poche attività sportive. Servirebbe anche potenziare la mediazione culturale. Per il direttore della Casa circondariale di Velletri i circa 300 detenuti hanno una buona assistenza sanitaria. Servirebbero però più educatori e assistenti sociali, e figure sanitarie specialistiche. Per il carcere di Latina sono state messe in evidenza le piccole dimensioni dell’istituto a fronte delle richieste di accesso, molto superiori alla capienza tollerabile, di circa 130 unità. La sezione femminile di alta sicurezza conta 38 detenute. La manutenzione “è urgente, a causa della anzianità dell’istituto, anche per incrementare la sicurezza. Carenza di spazi denunciata, ma c’è una buona collaborazione con le altre istituzioni – spiega il direttore del carcere -. Per il personale, 95 unità in servizio a fronte di 134 previste, ma va detto che 29 usufruiscono dei benefici della legge 104 e altri di maternità e permessi studio. A Latina solo due psichiatri, ma la situazione sanitaria nel complesso appare buona”.

Per quanto riguarda la casa circondariale di Viterbo, manca del personale sanitario in presenza, e si  recupera con la telemedicina. La capienza è di 440 detenuti (con una tolleranza di 700 circa) a fronte di 670 presenze effettive, di cui circa 40 sono al 41bis. Mentre sono 459 i detentivi, quindi si tratta di numeri vicini a una casa di reclusione. Rumeni e albanesi costituiscono la maggior parte delle presenze straniere.  “Un sotto organico di 89 unità, che causa rischi anche a livello di sicurezza”, è stato riferito dal direttore del carcere di Viterbo. “Non a caso sono stati rinvenuti cellulari e stupefacenti all’interno dell’istituto. Buona assistenza psichiatrica, ma difficile la gestione dei detenuti in attesa di Rems, che causa la sottrazione di ulteriori unità all’Istituto. I turni di piantonamento sono per questo motivo più lunghi”.

Il direttore dell’Istituto penale per minorenni Casal del Marmo ha parlato di due plessi nel suo istituto, uno per minorenni l’altro per giovani adulti, cioè maggiorenni che non lo erano al tempo della commissione del reato. Istituto più affollato della sua capienza, di 50 unità circa. Aumento del 100 per cento degli accessi, perché l’istituto serve le tre regioni, Lazio Abruzzo e Molise. Inoltre ci sono stati dei trasferimenti dalla Lombardia. Tra i problemi segnalati: “Decremento invece del personale, in una misura del 50 per cento, il che comporta turni più pesanti. Sulla sanità, il problema dei minori stranieri non accompagnati è quello prevalente. Nel weekend non c’è assistenza medica. Presenza di doppie diagnosi e in taluni casi di doppie dipendenze da sostanze. Rischio di autolesionismo, tema su cui andrebbe rivisto il protocollo”.

La casa circondariale Rebibbia – nuovo complesso Raffaele Cinotti, è un istituto con circa 1400 ospiti che deve ricorrere a frequenti sfollamenti. Assistenza sanitaria buona, ma troppi provvedimenti di sorveglianza a vista che gravano sulla polizia penitenziaria. Pertanto anche da questo istituto è stata richiesta una revisione del protocollo. Il direttore reggente denuncia “la mancanza di branche specialistiche come ortopedia, ad esempio, ma anche carenze in pneumologia e andrologia e altri specialisti che non eseguono alcuni esami. Troppi gli invii al pronto soccorso. I piantonamenti sono molto gravosi per il personale, che è già sottodimensionato di circa 200 unità. Il Pertini non riesce a garantire le cure previste per i detenuti”. Per il direttore del carcere, “radiologia e urologia sarebbero necessarie, ma anche cardiologia e psichiatria andrebbero incrementate: 13 i minorati psichici presenti, e presenze totali al momento in numero di 290, per 445 posti di capienza ma di cui più di 100 non sono disponibili. Sembrano numeri migliori, ma il contesto li rende ugualmente pesanti”, è stato detto. Per quanto riguarda l’organico emergono 189 teorici, ma 134 effettivi, di cui la maggior parte ultracinquantenni e con presenza di leggi 104, “rendono difficile la gestione”. Presenza nell’istituto anche di collaboratori di giustizia.

La responsabile Rems di Rieti ha parlato di una struttura giovane ma pensata per una popolazione femminile e che invece ora ospita 15 uomini, “quindi inadeguata da alcuni punti di vista. Difficile gestire le situazioni di violenza, ad esempio, per il personale”. Eterogeneità delle situazioni presenti che rende più difficile l’approccio in una struttura di carattere sanitario, ma questo è un problema di sistema che andrebbe affrontato. La lontananza dall’ospedale è un altro problema. La rems subisce pressioni difficili da sostenere per una struttura sanitaria da parte delle strutture detentive, non va dimenticato, con riferimento a quanto detto da alcuni intervenuti. Ritrosia del personale ad accettare la sede, infine, che provoca carenza di personale. Anche la responsabile Rems Castore di Subiaco ha ribadito il concetto per cui le rems sono strutture sanitarie e non si può agire in un’ottica di contrapposizione reciproca con le strutture detentive. La rems non può quindi essere il luogo dove inviare i detenuti con il fine ultimo di sfollare gli istituti, anche per non togliere spazio a chi abbia effettivamente quel tipo di esigenze.

Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Stefano Anastasìa, ha definito comunque positivo comunque il bilancio delle rems, rispetto a quello precedente degli ospedali psichiatrici giudiziari. “Ovviamente sono da affrontare tutti i problemi emersi in questa sede odierna. Non si può trattenere negli istituti di detenzione senza titolo”, ha ribadito anche il Garante , in riferimento a prassi che di recente si sono consolidate”. Rafforzamento anche delle strutture deputate alla salute mentale in carcere e incentivi al personale sanitario, sono stati gli ultimi spunti forniti dal Garante.

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