Latina: al via processo per morte bracciante, 12 parti civili

datore lavoro "ho perso la testa"

Si è aperto questa mattina a Latina il processo di primo grado per la morte di Satnam Singh, il bracciante agricolo indiano deceduto a seguito di un incidente sul lavoro avvenuto nel giugno del 2024 nelle campagne di Cisterna di Latina. Imputato per l’accaduto è il titolare dell’azienda dove il 31enne lavorava, Antonello Lovato, accusato di omicidio volontario nelle forme del dolo eventuale. Sono in tutto 12, invece, le parti civili ammesse dalla Corte al procedimento con rito immediato, rispetto alle 16 che si erano costituite. In aula erano presenti, ai capi opposti, la moglie della vittima, Soni Soni, e l’imputato, che ha voluto rendere delle dichiarazioni spontanee. “I miei avvocati mi hanno spiegato che sono qui con l’accusa di aver ucciso un uomo, ma questo non è vero – ha detto Lovato -. Quel giorno c’è stato un gravissimo incidente sul lavoro. Mi sono trovato di fronte a una scena scioccante, ho trovato Singh a terra senza un braccio. Purtroppo ho perso la testa, non ero in me. Non ho mai voluto la sua morte, neanche per un istante”.

I fatti risalgono al 17 giugno dello scorso anno quando Singh, in zona Borgo Santa Maria, era rimasto agganciato a un macchinario a rullo trainato da un trattore, che gli ha tranciato il braccio destro e gli ha schiacciato gli arti inferiori. Dopo l’incidente, Singh era stato accompagnato a casa e l’arto tranciato era stato poggiato sopra una cassetta utilizzata per la raccolta degli ortaggi. Solo in un secondo momento, il 31enne era stato trasportato d’urgenza con una eliambulanza e ricoverato all’ospedale San Camillo di Roma, dove morì 2 giorni dopo. La consulenza medico legale ha accertato in seguito che il decesso fu dovuto alla copiosa perdita di sangue. Lovato ha inoltre raccontato che la notizia della morte di Singh lo ha “distrutto totalmente. Non c’è giorno in cui non pensi a quanto successo, a lui, e a sua moglie. Sarò sempre vicino alla signora Soni in tutti i modi possibili. Dopo l’incidente – ha aggiunto – ho chiesto agli avvocati come potessi risarcire questa persona per quanto successo. Abbiamo aperto un libretto giudiziario per pagare il risarcimento che merita la famiglia, e abbiamo già iniziato a versare. Ho piena fiducia nella giustizia e sarò presente a tutte le udienze per fornire il mio contributo”, ha concluso.

Nel corso dell’udienza, i giudici della Corte hanno ammesso 12 parti civili, rispetto alle 16 che si erano costituite. In particolare, per i giudici sussiste la legittimazione a costituirsi parte civile della compagna di Singh, seguita dall’avvocato Giovanni Lauretti, e dei 4 familiari della vittima, rappresentati dal legale Giuseppe Versaci. Ammesse inoltre l’Inail, i Comuni di Latina e Cisterna di Latina, la Regione Lazio, la Cgil di Frosinone e Latina, Flai Cgil di Frosinone e Latina, e l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (Anmil). Estromesse, invece, Libera, Osservatorio nazionale amianto, l’associazione Antonino Caponnetto, e l’associazione lavoratori stranieri. I giudici, infine, non hanno accolto la richiesta avanzata dai difensori di Lovato, tra cui figura l’avvocato Mario Antinucci, di citare il gruppo assicurativo Axa come responsabile civile. L’udienza è stata rinviata al prossimo 27 maggio.

In concomitanza con l’apertura del processo, questa mattina si è svolto un presidio organizzato dalla Cgil di fronte al Tribunale, a cui ha partecipato anche il segretario generale del sindacato, Maurizio Landini. “Non pensiamo che quello di Satnam Singh sia un caso isolato – ha detto -. È un errore pensare che si possa risolvere il problema con questo processo. Noi siamo preoccupati perché i dati che verifichiamo riguardanti la sicurezza, il caporalato, il lavoro nero e lo sfruttamento sono negativi. È necessaria un’inversione di tendenza. Non voglio anticipare il tribunale – ha sottolineato il segretario generale della Cgil – ma quanto avvenuto è sotto gli occhi di tutti, come lo è la logica dello sfruttamento e del caporalato, che porta a considerare le persone come delle merci o dei pezzi di macchina, che possono essere comprati e venduti al minor prezzo. È proprio questa cultura che va cambiata”.

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