Carcere a vita e isolamento diurno per tre anni. E’ quanto inflitto dalla Corte d’Assise di Roma, dopo oltre 7 ore di camera di consiglio per Giandavide De Pau, l’uomo accusato del triplice femminicidio avvenuto il 17 novembre del 2022 nel quartiere Prati. De Pau uccise, accoltellandole, due cittadine cinesi e la 65enne, cittadina colombiana, Marta Castano Torres. Gli omicidi furono compiuti a distanza di poche ore in via Riboty e in via Durazzo. I corpi delle tre donne, così come emerso dalla indagine, vennero trafitti dalla lama in più punti. Un’azione che per gli inquirenti venne pianificata da De Pau, in passato l’autista e uomo di fiducia di Michele Senese, esponente della malavita di stampo camorristico nella Capitale. Nei confronti dell’imputato è contestato il triplice omicidio aggravato dalla crudeltà (solo per la morte della di Torres), dai futili motivi e dalla premeditazione. Nelle scorse settimane era stata depositata la perizia psichiatrica disposta dai giudici della Terza Corte di Assise che ha stabilito la capacità di intendere e volere al momento dei fatti. A consolidare l’aggravante della premeditazione ci sono anche i due video trovati sul suo cellulare che raccontano dei primi due omicidi. Nell’ordinanza cautelare il gip si soffermava proprio sui filmati: uno dura circa 14 minuti e l’altro ben 42 minuti.
“Documentano in maniera incontrovertibile e raccapricciante l’omicidio delle due donne cinesi commesso da De Pau – scrive il giudice – dopo aver consumato con le stesse rapporti sessuali ed aver preteso di rimanere solo mandando via altri clienti”. Agli atti dell’indagine anche una serie di foto di telecamere presenti nella zona in cui compare il killer, con il volto completamente travisato da una mascherina e berretto in testa, mentre si dirige in via Durazzo teatro del terzo omicidio.
“Sicuramente impugneremo questa sentenza – commenta il difensore Alessandro De Federicis -. Non ci convince il profilo della imputabilità e quindi della capacità di intendere e di volere così come non ci convincono le aggravanti in particolar modo la premeditazione”. La battaglia legale quindi continuerà, senza esclusione di colpi, ma oggi la sentenza all’ergastolo ha messo già un primo punto fermo.