Saman: arrestata la madre in Pakistan, attesa per estradizione

La donna, 51 anni, su cui pendeva un mandato di cattura internazionale, è stata trovata in un villaggio ai confini con il Kashmir dove era fuggita insieme al marito

È stata arrestata oggi in Pakistan Nazia Shaheen, che lo scorso dicembre era stata condannata all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Reggio Emilia per aver ucciso la figlia diciottenne, saman Abbas. La donna, 51 anni, su cui pendeva un mandato di cattura internazionale, è stata trovata in un villaggio ai confini con il Kashmir dove era fuggita insieme al marito, anche lui condannato. Entrambi erano scappati dall’Italia il 1° maggio 2021, subito dopo l’omicidio della figlia avvenuto a Novellara.

Il fermo è stato convalidato davanti alla Corte Distrettuale di Islamabad e ora partiranno le procedure per l’estradizione in Italia. Prima della consegna al carcere di Adyala, sarà sottoposta a una visita medica. La prossima udienza è stata fissata per il 12 giugno. La donna è stata arrestata durante la notte in un’operazione effettuata dalla Polizia del Punjab tra i Distretti di Jhelum e Gujrat, in esecuzione della Red Notice emessa dalle Autorità italiane. La Corte d’assise di Reggio Emilia il 30 aprile scorso aveva depositato le motivazioni della sentenza che ha condannato all’ergastolo i genitori di Saman Abbas (Shabbar Abbas e Nazia Shaheen) e a 14 anni di reclusione lo zio Danish Hasnain per l’omicidio della ragazza 18enne di origini pachistane scomparsa nella primavera del 2021 da Novellara e trovata morta un anno e mezzo dopo. Secondo i giudici, i genitori della ragazza l’hanno “letteralmente accompagnata a morire”, e non si esclude che ad ucciderla materialmente sia stata proprio la madre.Per i giudici, Nazia Shaheen, la madre di Saman Abbas, ha “partecipato attivamente ai momenti in cui si è decisa la sorte” della figlia e la “decisione di uccidere la giovane ragazza” è “stata concordata dai genitori nel corso delle telefonate con Danish Hasnain (lo zio ndr)” tanto che “si può affermare con sconfortante certezza che gli imputati – Shabbar Abbas e Nazia Shaheen (rispettivamente padre e madre della 18enne ndr) abbiano letteralmente accompagnato la figlia a morire”, spiegano ancora le motivazioni della sentenza. Ad accogliere positivamente la notizia dell’arresto l’avvocato Barbara Iannuccelli, il legale del fidanzato di Saman, Saqib Ayub: “è giusto che paghi dopo essere stata condannata all’egastolo per quello che è il più atroce dei crimini, l’omicidio della figlia”, dice. “La donna è emerso dalle intercettazioni che chiamasse Saman ‘pazza’ e viene dipinta come una donna fredda e calcolatrice. Nonostante la sentenza non sia definitiva perché pende l’appello è chiaro che la sua posizione è quella di una donna il cui ruolo nell’omicidio della figlia è stato certificato da una sentenza. A mio avviso, nel suo caso, tutto dovrà essere più veloce”. Soddisfazione anche da parte dell’avvocato Riziero Angeletti, che si è costituito parte civile nel procedimento con l’Unione delle Comunità islamiche in Italia che però sottolinea come questo risultato “non appaga fino a quando la verità storica non emergerà rigogliosa dalla terra dell’omertà”, – dice. “Onore agli inquirenti e a coloro che in un territorio ostile sono riusciti in questa impresa. Il percorso è ancora lungo e difficile. Spero poter dare anche con il nostro piccolo contributo una voce diretta all’anima di Saman, tradita dalla sua più intima complice della vita”.

“Saman è diventata un simbolo di libertà e di emancipazione. Anche per questo chi l’ha uccisa deve scontare la sua pena per intero”, è stato il commento della deputata di Fratelli d’Italia Elisabetta Lancellotta, capogruppo in Commissione parlamentare sul Femminicidio e sulla violenza di genere. “È bene che si sappia che chiunque arrivi da noi deve coniugare le proprie tradizioni con il rispetto delle leggi e della cultura italiana. E in Italia le donne sono libere, autonome e indipendenti”, ha aggiunto.

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014