“Nessuno di noi vuole rimanere nell’illegalità. Ma l’occupazione nasce come forma di lotta considerato che ci abita nello Spin Time non ha avuto la possibilità di avere una casa regolare. Ma stiamo trattando con il Comune per trovare una sistemazione alternativa”. A parlare è don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, e tra gli attivisti che frequentano il palazzo occupato in via Santa Croce in Gerusalemme 55 a rischio sgombero.
Il Viminale vuole accelerare sullo Spin Time
Un’occupazione che nasce nel 2013, e che ora è sotto la scure del Viminale. Lo sgombero del Leoncavallo a Milano ha riaperto il dibattito sulle occupazioni. E Spin Time sarebbe in cima alla lista degli stabili da sgomberare nel più breve tempo possibile, anche perché la proprietà avrebbe urgenza di entrarne in possesso il prima possibile per farne un albergo. A maggio 2019, l’Elemosiniere di Papa Francesco riattaccò l’energia elettrica, staccata dall’Acea per morosità.
Oltre 140 famiglie di 27 nazionalità
A Spin Time ci sono 400 persone circa, 140 nuclei familiari di 27 nazionalità diverse, che da anni chiedono la residenza. Ma soprattutto il motore di questa occupazione sono le 20 associazioni che collaborano con lo Spazio civico Esquilino. Tante le iniziative messe in campo: dai laboratori di teatro, alla falegnameria, alla grafica. E poi il doposcuola, anche perché i bambini dello Spin Time frequentano le scuole vicine: prima di tutto la De Donato e la Bonghi. “Il tasso di dispersione scolastica dentro Spin Time è dello 0%, a fronte del 10,7% su Roma. Il 67% dei minori partecipano ad attività extrascolastiche. Questi dati non solo hanno un valore assoluto molto positivo, ma se messi in relazione all’estrazione socio-economica delle famiglie e dei minori rappresentano forse il più grande successo del modello Spin Time”, è scritto sul sito web.
Confronto aperto col Campidoglio
“Spin Time è un grande esperimento di coesione sociale – ci dice ancora don Mattia Ferrari – Noi abbiamo un buon rapporto con le istituzioni, in particolar modo con i servizi sociali. E stiamo cercando assieme una soluzione, perché questo patrimonio di coesione e di cultura non può essere disperso. Tra quelle 400 persone che vivono qua ci sono anche anziani e soggetti deboli che qui hanno trovato chi li accoglie”.