Final Portrait – L’arte di essere amici, Stanley Tucci presenta il suo film

Quinto lungometraggio per l’attore e regista di origine italiana, qui racconta il difficile processo creativo dell’artista Alberto Giacometti

Final Portrait - L'arte di essere amici, il quinto film di Stanley Tucci sarà al cinema l'8 febbraio

Final Portrait – L’arte di essere amici è il quinto film di Stanley Tucci dedicato ad Alberto Giacometti, in particolare all’amicizia fra l’artista svizzero e il critico James Lord che poserà per lui per un ritratto.

Stanley Tucci ha presentato Final Portrait – L’arte di essere amici, ma non è un film biografico:

“Non credo nei biopic, sono una lunga lista di date ed eventi, trovo molto più interessante un piccolo pezzo della vita di qualcuno e tuffarmici dentro in profondità per scoprire il più possibile. Se riesci a cogliere quell’essenza allora stai raccontando tutta la loro vita. Ti concentri sui dettagli, ma questo rende tutto più universale”.

Il dettaglio scelto per raccontare uno degli artisti più emblematici del Novecento è l’amicizia con James Lord sullo schermo rispettivamente il premio Oscar Geoffrey Rush e Armie Hammer, recentemente visto in Chiamami Col Tuo Nome.

Stanley Tucci ha deciso di non interpretare lui Giacometti: “Ci ho pensato, ma mi sono detto che il film ne avrebbe sofferto. Volevo concentrarmi sul film nella sua complessità perché è uno sforzo enorme dirigere se stessi, l’attenzione è divisa e inevitabilmente qualche aspetto si perde”.

Ma perché un film su Giacometti? Per il regista è un artista senza tempo e ha affermato che è da sempre interessato al mondo dell’arte:

“Sono cresciuto in una casa piena di arte, mio padre era un artista e insegnava arte. Mi ha insegnato ad amarla, un anno abbiamo vissuto a Firenze e mi sono innamorato dell’arte rinascimentale sin da ragazzo. Gli insegnamenti di mio padre sono rimasti con me anche crescendo, sono sempre stato interessato all’arte. Finita l’università, ho fatto un corso di disegno e visito spesso musei e leggo libri di arte”.

L’opera dell’artista svizzero l’ha sempre colpito: “È uno degli artisti che mi hanno influenzato di più. Le sue opere sono senza tempo. Il libro, Ritratto di Giacometti, esprime al meglio il processo dietro la creazione di un’opera d’arte con tutte le difficoltà, i dolori e le ansie. Per questo ho deciso di tradurlo in un film”.

Il processo creativo di Giacometti è perfettamente reso sullo schermo da Geoffrey Rush:

“Geoffrey ha fatto ricerche sul personaggio, mentre raccoglievamo i soldi per realizzare il film, era molto legato a lui. Ha avuto un’enorme quantità di informazioni a cui ispirarsi. Prima di girare abbiamo provato come se fosse un’opera teatrale e abbiamo tagliato molte parti, era molto lungo. Per me era importante che il film collegasse le due dimensioni di Giacometti: fisicità e stato d’animo. Per Geoffrey la cosa più difficile era sentirsi essere a proprio agio con gli scatti d’ira e le pennellate. Una volta realizzato… è stato straordinario. È un attore fantastico ed è divertente: continuavo a girare fra un ciak e l’altro per mantenere la spontaneità perché abbiamo tutti la tendenza a pensare troppo, ma a va discapito della recitazione”.

Sullo schermo molto spazio è dato anche all’amicizia fra l’artista e James Lord:

“Ogni rapporto artistico è sadico e masochistico. La loro relazione è quella che si vede sullo schermo. Ho parlato con tre persone che hanno posato per Giacometti, all’epoca avevano 15-16 anni, e hanno descritto la relazione che avevano con lui esattamente come quella del film: era affabile, affascinante, tranquillo, parlava molto, poi taceva, chinava la testa, si deprimeva e seguivano scatti di rabbia, più frequenti se i modelli erano in età avanzata”.

Final Portrait – L’arte di essere amici parla del processo creativo come il racconto di Honoré de Balzac, Il capolavoro sconosciuto:

“Condivido la neurosi, l’ansia e l’insoddisfazione e la spinta a realizzare qualcosa non necessariamente perfetto, ma veritiero: questo è lo scopo di ogni artista qualsiasi opera produca. Il racconto di Balzac ha ispirato un film, La bella scontrosa, è un bel film ma mostra il quadro alla fine questo lo sminuisce. Avevo pensato anch’io di non mostrare mai il ritratto, ma poi ho pensato che sarebbe stato troppo pretenzioso e bisognava fare attrenzione, ma la creazione artistica è il processo che davvero m’affascinava”.

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Per Tucci è un racconto fondamentale perché profondamente d’avanguardia per l’epoca: “I lettori pensano che l’artista sia pazzo, ma non è così, lui ha la capacità di andare oltre, dove gli altri non vanno”.

Cinque film come regista e ruoli in titoli indipendenti e blockbuster, per Tucci sono fondamentali entrambi:

“Dirigo per raccontare una storia dal mio punto di vista. Da otto anni non lo facevo per vari motivi anche perché è difficile trovare denaro per realizzare film indipendenti come questo. Ho recitato in film indie e blockbuster, queste produzioni servono perché se no non ho i soldi per mangiare, per nutrire i miei cinque figli e per il mutuo, ma sono anche divertenti: incontri colleghi e troupe pazzeschi”.

La colonna sonora del film è di Evan Lurie che ha lavorato con Roberto Benigni:

“All’inizio si sente la classica fisarmonica francese, ma è uno scherzo perché poi si finisce in un mondo di morte. Evan ha fatto un ottimo lavoro: dà il giusto equilibrio al film ed è la mia parte preferita”.

Stanley Tucci non giudica Giacometti:

“Ha dedicato l’amore e la vita al suo lavoro, l’etica di lavoro era più grande del senso della morale. Voleva vivere come un bambino adulto, quindi, egoista aveva bisogno di un sistema di supporto: la moglie giusta e un fratello che l’ha sempre appoggiato. Sapeva cosa voleva ed era molto generoso con gli amici e il fratello. Si sarebbe dovuto sposare? Penso che a entrambi quest’unione andasse bene. Era etico? non so. Ha scelto di vivere così la sua vita”.

A dare il volto al fratello Diego, Tony Shalhoub: “Un grande attore”. Il regista ha usato due telecamere sul set e una luce particolare per “dare movimento e vita al film”. Merito anche del direttore della fotografia, Landy Cohen che ha permesso alle camere di muoversi liberamente. Giacometti nel film dice che il successo nutre il dubbio dell’artista, un pensiero che il regista condivide.

Final Portrait – L’arte di essere amici vi aspetta al cinema dall’8 febbraio, distribuito da BIM.

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