Aumento sì, aumento no. Negli ultimi anni a Roma sta andando in scena un ampio dibattito attorno ad un tema spinoso che riguarda il trasporto pubblico locale. Nello specifico, l’aumento del costo di un biglietto per prendere la metro, il tram o gli autobus e dei vari abbonamenti esistenti, sia mensili che annuali. Il dibattito, va detto, è su scala nazionale e negli ultimi tempi si sono visti aumenti generalizzati delle tariffe da Nord a Sud della penisola. A Milano, per esempio, il costo di un biglietto è passato da 2 euro a 2,20 euro ma sono rimasti invariati i costi dell’abbonamento mensile (39 euro) e annuale (330 euro). Analoga situazione a Parma, dove il ticket è passato da 1,50 euro a 1,60 euro e a Ferrara, con un aumento di 20 centesimi da 1,30 euro a 1,50 euro. E a Roma? La Capitale d’Italia è rimasta ad una tariffa relativamente bassa (1,50 euro) ed è in vista un aumento significativo del 33% per arrivare a 2 euro. La maggiorazione non è una fantasticheria della stampa o frutto di voci di corridoio, ma è contenuta nel ‘Contratto di servizio per il trasporto pubblico ferroviario di interesse regionale e locale’ siglato tra Regione Lazio e Trenitalia e valido tra il 2018 e il 2032.
Qualche settimana fa Radiocolonna ha avuto la conferma da parte di importanti esponenti della maggioranza PD in Campidoglio che l’amministrazione Gualtieri è contraria ad un aumento che, dicono, tuttavia non si può escludere al 100% per il 2023. Le ragioni le ha spiegate sempre a Radiocolonna il presidente della Commissione mobilità del Comune di Roma, Giovanni Zannola, secondo il quale “il biglietto non è solo Atac, ma di un consorzio di trasporto regionale che comprende, oltre alla società capitolina, anche Cotral, Roma Tpl e Trenitalia”.
I cittadini romani devono entrare nell’ottica che i B.I.T. e i loro abbonamenti mensili o annuali aumenteranno. Se non oggi, domani o domani l’altro. Se l’aumento è un processo irreversibili e la sua entrata in vigore non risponde più alla logica del “se” ma del “quando”, è lecito discutere sul “come”. E qui la politica romana avrà voce in Capitolo per stabilire entità e modalità degli aumenti. Nel frattempo, però, si possono abbozzare ipotesi e proposte per far sì che un costo maggiore non provochi effetti nefasti sul rapporto – già complesso – dei cittadini romani con il trasporto pubblico.
Primo rischio da scongiurare: un aumento lineare dei costi tale da indurre alcuni pendolari ad un ritorno alla mobilità privata. Aumentare il biglietto singolo a 2 euro (il classico B.I.T valido 100 minuti per viaggiare su tutti i mezzi pubblici) è comprensibile: è il ticket che viene preso da un’utenza occasionale ed estemporanea e un suo aumento non mette in pericolo la fedeltà dell’utenza a questo genere di servizio pubblico. Sull’abbonamento mensile il discorso è un po’ diverso. Milano ha scelto di non aumentarne il costo, Roma invece sì.
Radiocolonna ha consultato le innumerevoli pagine del ‘Contratto di servizio’ e ha scovato nell’Allegato 6 (‘Sistema tariffario’, alle pagine 34 e 35), l’entità degli aumenti previsti: per il mensile ordinario, il costo passerebbe da 35 euro a 46,7 euro. Un aumento importante e controverso ma che potrebbe apportare benefici al tpl. Come? Supponiamo che a un utente l’abbonamento serva 4 mesi all’anno. Con un aumento del mensile e con l’annuale invariato a 250 euro, l’utente potrebbe decidere di orientarsi su quest’ultimo. Così facendo, utilizzerebbe in modo intensivo l’abbonamento per quei mesi e in più, avendo già pagato per un anno, potrebbe servirsi dei mezzi pubblici anche in quei casi in cui avrebbe, viceversa, utilizzato l’automobile. Sull’abbonamento annuale, come abbiamo appena spoilerato, la posizione dev’essere netta: un ‘no’ netto all’aumento, previsto invece dal ‘Contratto di servizio’ a 350 euro, ben 100 euro in più rispetto all’importo attuale. Viviamo in un’epoca in cui il carburante ha costi elevati e l’acquisto di veicoli è spesso proibitivo. Dove a breve saranno bandite da Roma decine di migliaia di automobili per la nuova fascia verde, con un traffico che continua a tenere in ostaggio la viabilità cittadina. In un contesto del genere, l’abbonamento annuale a 250 euro dev’essere il piccolo investimento con cui invogliare ogni romano a rinunciare ad un uso smodato dell’automobile, un passepartout per accedere a rete tranviaria, treni urbani e metropolitane che in futuro (si spera) saranno in grado di collegare ‘su ferro’ tante altre zone della città.