Imprese, dietro la grande fuga da Roma

La Capitale è tornata ai fasti del turismo pre pandemia. Ma tolta questa componente, il tessuto industriale va scomparendo. E i motivi sono noti

Roma Capitale, sì, ma non delle imprese. La Capitale ci prova a rilanciarsi, anche tra una batosta e l’altra. L’ultima, quella di Expo 2030, gara in cui la Città Eterna forse non è mai stata davvero in partita. Ma a conti fatti, Roma paga lo scotto di meno grandi imprese, meno finanza e banche, calo degli investimenti e ridimensionamento del settore pubblico con una crescita forte del turismo ma low cost, ovvero i cosiddetti affitti brevi, e mordi e fuggi che porta quindi poca spesa e servizi a basso valore aggiunto.

Solo poche settimane fa Bankitalia dipingeva il quadro di una città sì tornata ai livelli di turismo pre-pandemia, ma povera di tessuto industriale. Eppure la Capitale, sottolineavano i ricercatori di Via Nazionale “presenta ancora molti punti di forza” su cui può far leva: “il ruolo ancora centrale dei servizi ad alta intensità di conoscenza e l’alto grado di internazionalizzazione di quelli per le aziende, il peso rilevante dei lavoratori con istruzione superiore, un elevato tasso di natalità delle imprese e un notevole peso della ricerca pubblica”.

Ma prima di tutto serve “un rinnovato e più efficiente apparato amministrativo pubblico e migliorare la qualità dei servizi pubblici locali” attraverso il maggior utilizzo delle tecnologie digitali e innalzare il capitale umano dei dipendenti pubblici. I settori su cui puntare sono l’informatica, le telecomunicazioni, l’audiovisuale, la sanità, le attività culturali, la ricerca e sviluppo, la consulenza aziendale. Finché non si risolveranno simili problematiche, sarà una continua moria di imprese.

L’ultimo caso è quello della casa di moda Gucci, che da marzo 2024 trasferirà la direzione artistica a Milano. Un cambiamento che, come sempre in questi casi, rischia di lasciare a piedi un po’ di gente: la notizia ha fatto appunto infuriare i lavoratori, oltre a sollevare il sopracciglio di Cgil e di Filctem Cgil di Roma e del Lazio che hanno sottolineato come le differenti condizioni offerte ai dipendenti impedirebbero a molti di poter accettare il trasferimento, con la conseguenza di perdere il posto di lavoro” Su 240, il trasferimento dalle sedi in via del Corso e in via del Banco di Santo Spirito, all’hub di via Mecenate a Milano, interesserebbe ben 153 tra lavoratori e lavoratrici.

Ma il fuggi fuggi dalla Capitale pare ormai un fatto assodato. C’è il caso di Sky, per esempio, che nel 2017 ha chiuso la sede in via Salaria o di Esso, ramo italiano del gruppo Exxon Mobil, che da viale del Castello della Magliana ha trasferito gli uffici in Liguria, coinvolgendo con questa decisione 250 lavoratori. O di Opel, che si è trasferita a Milano dalla storica sede romana di via Andrea Millevoi, nel sud della città.

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