Servizi pubblici a Roma, ecco come (e perchè) migliorarli

Dai trasporti alla spazzatura al verde, è tutto un collasso. Eppure basterebbero meno monopoli e più investimenti mirati

Un parco a Roma

Si dice che quando si tocca il fondo non si può che risalire. C’è da chiedersi se tale aforisma valga anche per Roma. Un piccolo passo indietro. Nei giorni scorsi l’Agenzia per il controllo dei servizi pubblici capitolini, ha diffuso il rapporto (qui il testo) sulla qualità dei servizi a Roma. Tutti bocciati, o quasi. Dai trasporti alla spazzatura, all’illuminazione, passando per il verde è un’insufficienza continua. Qualche esempio.

Sui trasporti, bestia nera dell’amministrazione pentastellata, il verdetto dell’Agenzia è impietoso. “Tra i giudizi che la cittadinanza romana attribuisce ai servizi pubblici locali, quello sul trasporto pubblico locale si posiziona tra i più critici. Nel 2017 si collocano sotto la sufficienza non solo i bus e i tram (4,3) e le strisce blu (4,9), ma anche la
metropolitana (5,9) e i taxi (5,9) che negli anni passati erano stati valutati in modo più
positivo”, si legge nel documento.

Ancora, su un altro fronte caldo, quello dei rifiuti, viene posto l’accento sulla “debolezza dell’impiantistica di trattamento e di chiusura del ciclo dei rifiuti rispetto alle esigenze della città”. E non va nemmeno l’illuminazione, per la quale l’Agenzia chiarisce come il “voto attribuito dai romani a questo servizio tocca il livello più basso degli ultimi dieci
anni: si capisce l’andamento impietosamente decrescente del voto dei romani su
entrambi gli aspetti del servizio: sulla pulizia (3,2), perché la città è meno pulita”.

A questo punto sorge spontaneo farsi una domanda. Visto che peggio di così non può davvero andare, che cosa si può fare per invertire la rotta sui servizi? In realtà non bisognerebbe stravolgere più di tanto gli attuali assetti. Partendo proprio dai trasporti, la situazione più complicata, bisogna partire dalla difficile, difficilissima, situazione in cui versa Atac, ancora in attesa di capire se il piano di salvataggio approntato dall’attuale management verrà accettato o meno dai creditori.

Un miglioramento del servizio di trasporto pubblico potrebbe arrivare dall’ingresso di nuovi operatori sulla rete, così come accade già in Inghilterra o in Germania. Nuovi operatori, magari privati, significa nuovi mezzi, più efficienti. A dirla tutta sarebbe una scelta quasi obbligata visto e considerato che il risanamento di Atac, se mai arriverà, produrrà i suoi primi frutti tra qualche anno. Peccato che nel frattempo l’azionista Campidoglio abbia prolungato il contratto di servizio, dunque il monopolio, al 2021. Se dunque l’apertura del mercato appare un miraggio, l’azienda potrebbe per esempio cominciare a tagliare le corse sulle tratte meno efficienti, concentrando i mezzi sulle linee più trafficate.

Altra sponda, la spazzatura. E anche qui si spiegano molte cose circa il malcontento dei romani. Tutto parte da un punto: ad oggi Ama, la municipalizzata cui spetta la raccolta e la gestione della spazzatura, non ha la capacità industriale adatta a soddisfare la produzione di rifiuti a Roma. Perchè? E’ presto detto.

Negli ultimi 15 anni, gli investimenti di Ama in impiantistica non hanno mai rispettato la programmazione dei piani finanziari. Su 325 milioni di euro previsti per investimenti, ne sono stati spesi solo 96. Di questi, per altro, circa 83 sono stati utilizzati nel periodo precedente il 2009. Morale, qui la rottura del monopolio c’entra poco. E’ questione di soldi, pochi, e di impianti, ancor meno. C’è una altro dato. Fra il 2011 e il 2017, le risorse stanziate da Ama per la pulizia sono andate diminuendo di circa un terzo, per potenziare la raccolta differenziata (si è passati, infatti, dai 184 milioni del 2011 ai 121 milioni del  3 2017).

E che dire del verde capitolino? Il territorio di Roma Capitale è coperto da aree verdi per oltre il 60%, pari a un totale di circa 82mila ettari. La maggior parte di questa superficie è occupata da grandi parchi e riserve naturali gestite da altri enti. E Roma Capitale si occupa direttamente solo di 4 mila ettari e di circa 311 mila alberi. Anche qui, è questione di numeri non di chi fa cosa. E di spesa. Venti anni fa a Roma operavano 1.200 giardinieri, nel 2016 ne erano rimasti 286, con un’età media decisamente elevata. Per il verde pubblico, nel 2016 si è speso meno di un euro al metro quadro. Le altri città italiane non spendono molto di più ma gli interventi di manutenzione avvengono secondo una programmazione sistematica che garantisce alle aree verdi un maggiore livello di decoro e di fruibilità.

 

 

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