Sono pieni di spunti i mesi che hanno segnato l’inizio dell’avventura amministrativa di Roberto Gualtieri alla guida del Campidoglio. Dopo un inizio difficile, segnato dalla sporcizia in città e dall’annuncio dello stop alla Metro A nella fascia serale, diverse novità all’orizzonte hanno fatto discutere i romani e, viceversa, hanno dato una prospettiva ottimistica sullo sviluppo della città da almeno due punti di vista: quello della racconta dei rifiuti e quello dei trasporti.
Ma lo sviluppo della rete delle metropolitane e la nascita del nuovo termovalorizzatore di Roma a Santa Palomba non hanno in comune solo un generico sviluppo della città, perché la procedura adottata dal Campidoglio per realizzare il secondo può rappresentare un modello di sviluppo anche sul tema della mobilità. A spiegare questo nesso, al punto da far dire che quella del termovalorizzatore sarebbe una buona notizia anche per le metro romane, è il comitato Metroxroma, il comitato di cittadini ed esperti di mobilità che da anni propone soluzioni interessanti e offre analisi sull’andamento della mobilità capitolina.
“Cosa c’entra un termovalorizzatore con le metropolitane? Teoricamente nulla. Tuttavia, la procedura adottata dal Comune di Roma per la realizzazione del nuovo impianto costituisce, senza dubbio, un precedente amministrativo importante anche per le metropolitane. Infatti, si tratta della prima volta in cui Roma Capitale adotta, per un’opera così ampia e complessa, l’istituto del cosiddetto “Project Financing d’iniziativa privata”, come definito dall’art. 183 comma 15 del D.Lgs. 50/2016 – spiega il comitato – la procedura adottata prevede la pubblicazione, da parte del Comune, di una “Manifestazione di interesse”, che contiene alcuni elementi essenziali del progetto di concessione. Il Comune definisce quindi cosa gli “interessa”, richiedendo ai privati la presentazione di un Progetto di Fattibilità Tecnico Economica, nonché altri documenti fondamentali, tra cui un’ipotesi di contratto di concessione. Secondo dei criteri stabiliti, il Comune seleziona il PFTE favorito e lo approva, con opportune modifiche, designando quello che a questo punto diviene il privato “promotore”. Il promotore acquisisce così un “diritto di prelazione” sulla realizzazione dell’opera, la quale viene messa a gara: se altri privati dimostrano di poter realizzare l’opera più economicamente rispetto al promotore, vincono l’appalto, salvo che il promotore non eserciti la prelazione, dimostrando di poter realizzare l’opera alle condizioni economiche più vantaggiose proposte dagli altri partecipanti alla gara. Nel caso di opere “fredde” come le metropolitane, cioè di opere che non sono sostenute da ricavi commerciali, il finanziamento è garantito di fatto integralmente dal Comune, che finanzia l’opera prima tramite un contributo massimo del 49% dei lavori e poi, successivamente, mediante un canone di concessione che include sia i costi del servizio sia un canone di disponibilità dell’opera”.
Un esempio di “finanza di progetto” sul fronte metro esisterebbe già e riguarderebbe quella Metro D rievocata dall’assessore ai Trasporti di Roma Capitale Eugenio Patané come opera da realizzare in futuro. Anche se, spiega Metroxroma, questa modalità non sarebbe auspicabile, nello specifico, nel caso della linea D.
“Siamo dell’idea che non sia il caso di utilizzare la formula della finanza di progetto per opere di dimensioni superiori al miliardo, come sarebbe la . Il privato infatti, anche con un contributo pubblico considerevole, si troverebbe a dover anticipare ben il 51% del costo dell’opera, con i costi che verrebbero ricoperti solo a partire dalla fine dei lavori e solo nell’arco di una concessione che può durare anche 30 anni – concludono – un meccanismo di finanziamento troppo poco appetibile per il privato e troppo pesante sulle spese correnti del trasporto pubblico di un Comune”.