Un piano industriale formato Lazio. Nel giorno dell’Assemblea di Unindustria, presso la Nuvola dell’Eur, arriva la proposta degli imprenditori del Lazio. Uno sforzo, prima ancora che industriale ed economico, psicologico, quasi mentale. Rimettere la Regione al centro del villaggio, che poi sarebbe l’Italia. E, in tempi di messa a terra del Pnrr, l’idea delle imprese guidate da Angelo Camilli, calza a pennello.
“Il governo del Paese e quello della nostra Regione possono considerarsi giovani se guardiamo al tempo trascorso da quando sono in carica: per questo sentiamo di poter chiedere loro un grande slancio di visione. Il Lazio deve mirare ad un ambizioso riposizionamento in Italia e in Europa”, ha esordito Camilli, nella sua relazione. “Roma deve essere attrice protagonista del Piano industriale del Lazio, deve rivendicare il suo ruolo di importante città metropolitana, sede di grandi multinazionali e di istituzioni internazionali”.
Impossibile dargli torto, le grandi aziende, con i loro investimenti, sono il sale della crescita. Dati alla mano Camilli ha ricordato che le più recenti stime sul Pil del Lazio nel 2023 collocano la regione “appena sopra la media italiana, ma dopo la caduta del 2020 non abbiamo agganciato il ritmo di rilancio delle altre principali regioni. È un film che abbiamo già visto: l’economia regionale dimostra di avere il fiato corto. Dobbiamo decidere se continuare a perdere terreno o riprendere a correre. Dobbiamo decidere se accontentarci della ricchezza che riusciamo a produrre sempre più a fatica o se vogliamo più innovazione, più produttività, retribuzioni migliori e maggior benessere diffuso”.
Ma quale l’apporto degli industriali? Il contributo di Unindustria “è quello di proporre un piano industriale per il Lazio. Una piattaforma di temi e obiettivi su cui immaginare le azioni per un salto di qualità decisivo verso la dimensione di Terra d’Impresa che lanciammo due anni fa”, ha ricordato il presidente di Unindustria. Insomma, è necessaria “una svolta nelle riforme, perché solo così alla fine del 2026 avremo reso davvero il Paese più moderno”.
Impossibile poi non tirare in ballo il governo. “Abbiamo apprezzato la revisione del governo che ha rinunciato ad alcune spese incerte e ha puntato sulla spinta innovativa delle imprese. Noi faremo la nostra parte come in tutte le occasioni in cui si scommette sulla crescita.
Nei prossimi due anni, però, è necessaria un`accelerazione decisiva per dare prova che i fondi concessi e quelli che pesano sul nostro debito non siano stati l`ennesima distribuzione effimera di risorse”.
In particolare gli industriali aspettano “una vera riforma della Pubblica amministrazione e della giustizia ancora troppo indifferenti al destino delle imprese. Non chiediamo trattamenti di favore, ma semplicemente più competenze, regole chiare e tempi certi”. Sul tema della semplificazione, “abbiamo grande fiducia nella riforma degli incentivi alle imprese proposta dal ministro Adolfo Urso: razionalizzare le attuali 2 mila agevolazioni e snellire le procedure possono essere leve fondamentali per spingere l’innovazione nelle direzioni più strategiche”. Non è finita.
“Per noi l’intervento coraggioso e strutturale sul costo del lavoro rimane una priorità: il taglio del cuneo fiscale deve arrivare almeno a 15 miliardi e non essere più messo in discussione ad ogni legge di bilancio. Anche la politica locale non deve sentirsi estranea a questo appello. Lo sappiamo bene nel Lazio e a Roma dove abbiamo le addizionali Irpef più alte d’Italia. Anche queste impoveriscono i salari”.