Roma si allaga mentre l’Italia soffre la sete

Tutti a parlare di gelo e vento come se non fossimo in inverno. Ma il dramma italiano è la mancanza di precipitazioni che hanno già ridotto fiumi e laghi. E' una foto già vista ma il governo non corre ai ripari. A Roma, invece, scoppiano le tubature ormai marce da decenni

Da giorni anzi da settimane, le varie previsioni meteo, avanzano l’ipotesi dell’arrivo di un periodo di gelo epocale con l’Italia spazzata dal Burian e sommersa da forti nevicate fino a bassa quota. Finora di tutto questo non si è avuto sentore eppure siamo in febbraio mese decisamente invernale.

Il tam tam metereologico è fatto con tale enfasi che ogni giorno guardiamo il cielo e il termometro con la seria convinzione che stia per accadere qualcosa di drammatico, come se, nei mesi invernali, il freddo e la neve fossero un controsenso.

Ma, in realtà, il vero dramma è l’assoluta mancanza di precipitazioni che nemmeno nelle pieghe dei comunicati vengono nominate.

La siccità in questo inizio d’anno appare come uno spettro ancora più critico di quello dei 12 mesi trascorsi che ridusse l’agricoltura in ginocchio e costrinse gran parte della penisola a fare i conti con il razionamento.

Le poche precipitazione piovose o nevose che fin qui abbiamo visto non bastano a sanare la grande carenza d’acqua che va a sommarsi a quella già esistente.

I fiumi e i grandi laghi, tutti sotto la media di portata, soffrono esattamente come nei passati mesi estivi, le loro rive sono distese di sassi e sabbia e la potenziale funzione di sicure riserve idriche è completamente vanificata.

L’Anbi, l’Associazione nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, ha certificato che è impossibile recuperare il deficit idrico dell’Italia con gli attuali apporti pluviali e nevosi.

Il governo ha avuto mesi per completare e iniziare opere capaci di ovviare, almeno in parte alla desertificazione. Ma, ed è sotto gli occhi di tutti, nessuna strategia e manufatto si presenta all’orizzonte.

Francesco Vincenzi, Presidente di Anbi, ha parlato di alcune possibili soluzioni per affrontare il problema siccità. Una di queste è il Piano Laghetti, “un’opera indispensabile non solo per l’agricoltura ma per tutti i cittadini” che consiste nel realizzare 10 mila invasi medio-piccoli entro il 2030, in zone collinari e di pianura”.

Anche Coldiretti spinge per un’inizio delle opere da effettuare con la massima urgenza.

Se l’agricoltura dovesse soffrire la produzione ortofrutticola ne risentirebbe moltissimo e i prezzi salirebbero in modo tale da diventare inaccessibili per moltissime famiglie.

I politici annunciano l’apertura di tavoli di lavoro, ma la scelta della tempistica è tanto drammatica quanto ridicola.

Dovrebbe, almeno, essere varato un piano per “stoccare” il 35% dell’acqua piovana come avviene già in altri Paesi europei, invece del 10% di oggi.

Pare impossibile ma evidentemente i nostri politici e le associazioni di categoria, incapaci di imporsi, non riescono a prendere nessuno spunto dalla buona gestione di altri paesi.

Intanto, per quanto riguarda Roma, la condotta principale DN300 Acea, si è rotta lasciando i cittadini a secco, ma allagando, come se fosse un fiume, carreggiate e marciapiedi.

Ecco la capitale sprecona

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