Sfalci ridotti nelle città, cosa succederà a Roma?

Molte città nel mondo decidono di destinare ampie zone di verde urbano al "non sfalcio" per preservare biodiversità e sostenibilità ambientale. I pareri contrari sono molti e i timori non pochi. Come si comporterà Roma regina del non sfalcio per tradizione?

Sempre più città in Europa e in Italia decidono di ridurre gli sfalci nelle aree verdi pubbliche come atto giustificato e rivolto soprattutto alla sostenibilità ambientale e alla biodiversità. Questo è un proclama verde costellato da tante spiegazioni entomologiche, climatiche e urbanistiche. A tutto vorremmo aggiungere, da parte nostra, che questa scelta green, comporta, anche, un gran bel risparmio per le casse cittadine, problema molesto e generalmente non dichiarato.

Per quanto riguarda Roma possiamo affermare, senza tema di smentita che, in fatto di vegetazione libera e selvaggia la nostra Città merita il primo posto in classifica. Si parla sempre di Vienna come capostipite di questa nuova cultura liberal forestale ma, per la verità sono anni che nella Capitale vige il dogma “non toccate quel verde”. Per quanto abbiamo potuto vedere e vivere, per noi romani, non è stata una scelta così positiva sotto il profilo ambientalista: topi, monnezza nascosta e caditoie intasate fanno da contrappunto alle poche farfalle e api che svolazzo fra gli steli. Già queste poche righe riassumono la completezza del fenomeno ma, per essere bipartisan e trendy fino in fondo diamo seguito ad altre varie considerazioni.

A Roma esistono circa 5000 specie diverse di insetti che fra cemento e sanpietrini fanno una gran magra esistenza e lasciare degli spot di verde libero per la loro vita e riproduzione pare cosa santa.

Gli insetti impollinatori stanno sparendo a causa dell’urbanizzazione e dell’uso, a volte spietato, dei fitofarmaci, le popolazioni di api sono calate del 62,5% e quelle delle farfalle del 57,6% e questa è una delle giustificazioni base del non sfalcio; anche se, a ben vedere, le grandi città prese in considerazione (Vienna e Milano) non sono proprio al centro di aree verdi agricole e quindi meno dipendenti da impollinazioni.

I pareri sono discordi e i cittadini sottolineano come l’erba incolta possa essere: un segnale di degrado e di libero accumulo di monnezza, un’ulteriore fonte di possibili allergie, di poca visibilità stradale (pensate alle rotatorie), un deterrente per lasciare liberi i pet a causa della crescita dei forasacchi e forse delle zecche e magari un facile nascondiglio per topi, formicai e altri animali scomodi.

Per il prof. Marco Alberto Bologna entomologo e professore all’università di Roma Tre non dobbiamo temere: la crescita delle zanzare, soprattutto quelle esotiche (Dengue ecc) non è veritiera perchè queste preferiscono, in assoluto, un sottovaso pieno d’acqua a degli instabili fili d’erba e che sarà necessaria, da parte delle istituzioni, soprattutto la scelta delle porzioni di terreno da destinare al non sfalcio, facendo “un poco e un poco”. Un poco di verde un poco di incolto.

A Milano, per esempio, si è fatta una selezione precisa: su circa 19 milioni di verde pubblico solo un 1,3 milioni sono stati destinati a non essere tagliati.

Roma, sicuramente raccoglierà la proposta con un sospiro di sollievo ma, come si ridurrà l’immenso patrimonio verde dei grandi parchi già, ora, abbandonati all’oltraggio dell’incuria sistematica?

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