Green Book, Viggo Mortensen presenta il suo ultimo (bellissimo) film

L’attora interpreta un italo-americano in uno dei migliori ruoli della sua carriera. Cinque candidature agli Oscar e tre Golden Globe fra cui uno per Maharsahala Ali

Green Book, il film presentato da Viggo Mortensen è candidato a 5 premi Oscar

Green Book arriva finalmente in sala, il film è candidato a cinque premi Oscar e ha vinto ben tre Golden Globe per miglior commedia, sceneggiatura e attore non protagonista per Mahershala Ali. Il premio Oscar Ali divide la scena con uno strepitoso Viggo Mortensen, l’attore ha presentato il film all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma. 

Green Book è la storia vera di un’amicizia sui generis quella di Tony Vallelonga e il pianista Don Shirley nell’America della segregazione razziale. Tony – rimasto al verde – accetta di essere autista del pianista in un tour negli Stati dell’America del Sud, quelli “sconsigliati” a un afroamericano ed è per questo che Nick e Shirley seguono i consigli di una guida turistica per non bianchi, il green book del titolo.

Viggo Mortensen interpreta Tony Vallelonga, il figlio del protagonista, Nick, ha anche prodotto il film:

“Capisco l’italiano, ma è più facile in inglese – dice in italiano l’attore – quindi risponderò in inglese, ho letto la sceneggiatura, una delle mille che ho ricevuto in questi anni, se non è la migliore, è certamente la più completa, forse la migliore che ho ricevuto. Trovo pazzesco che Peter Farrelly (il regista), Nick Vallelonga e Brian Curry siano riusciti a scrivere una storia vera, basata su eventi reali, che mi ha fatto ridere a crepapelle, piangere, soffermare e riflettere sul nostro passato, una storia a tratti drammaticamente intensa con personaggi così definiti,”. 

Mortensen – americano di origine danese – ha dovuto portare sullo schermo un italiano:

“Ero nervoso perché non sono italiano e ci sono parecchi attori italo-americani bravi. Ogni personaggio che si fa, se è basato o no sulla realtà, provi a non farlo come una caricatura ma a rendergli giustizia: sono stato fortunato perché mi hanno aiutato i suoi familiari. Li ho incontrati tutti, ho mangiato tantissimo con loro e Nick era sul set tutti i giorni, guardavo la sua reazione a fine scena e se piangeva sapevo che avevo fatto un ottimo lavoro”.

Green Book è un film speciale, come ha detto l’attore, ti fa ridere e commuovere e dice molto dell’America degli anni 60 e quella di oggi, in italiano Mortensen ha definito così il lungometraggio che potrebbe regalargli il suo primo Oscar:

Green Book non ti dice quello che devi pensare, è un invito a fare un viaggio, a ridere a piangere, se volete, forse a riflettere sui limiti delle prime impressioni, non è una lezione forzata, è una bella storia condivisa del passato che può aiutarci a capire il presente. Queste storie sono molto importanti in questo momento”.

Viggo Mortensen è tornato alla Festa del Cinema di Roma dopo Captain Fantastic e si prepara al suo debutto alla regia:

“Sono stato molto fortunato e ho avuto ottimi maestri, ho recitato in tanti film che la maggior parte degli attori sogna di recitare almeno una volta nella loro carriera, ho lavorato con grandi registi e in fantastiche storie. Al di là degli aspetti tecnici, ho dato attenzione alla parte emotiva e creativa, anche se il gusto e la tecnica sono differenti come in Cronenberg o in Matt Ross, il regista di Captain Fantastic, tutti hanno una cosa in comune: giocano in squadra. Peter ci ha chiamato tutti il primo giorno di set e ci ha detto: non pretendo di sapere tutto, ma ho un’unica chance di fare questo film, so che le buone idee possono venire da chiunque, quindi fatevi avanti e ditemele. L’approccio dell’ascolto è la base di una buona recitazione, è questo che ti porta da un buono a un ottimo livello”.

Per chiarire questo concetto, Morgensen cita il suo compagno di reparto, il premio Oscar Maharshala Ali, star di True Detective:

“Non è solo un attore, ma è una persona di grande talento: è generoso, lavorare con lui è stato fantastico. La storia di due persone in un’auto può essere noiosa, ma se accanto a te hai qualcuno che vuole farti fare un buon lavoro e avere successo perché sa se tu ce la fai, lui ce la fa e il film ce la fa. Queste persone ti danno doni e ti rendono migliore, questi attori e registi sono le persone che sto cercando”. 

Green Book è un film importante in questi tempi molto simili a quelli della segregazione razziale:

“Non è un film importante – risponde in italiano – solo per questi tempi, storie come questa sono sempre importanti, fino alla fine dell’umanità e penso che sarà per colpa loro. La necessità e l’utilità di storie che ti aiutano a essere meno ignorante rispetto agli altri e te stesso, l’umanesimo e il progresso umano va in tutte le direzioni. Se sei ottimista, pensi che sia sempre in crescita, ma ora in USA, in Italia, in UE e nel mondo, si vedono gli effetti dei leader di diversi Paesi, le loro parole e le loro azioni, quello che dicono e quello che dovrebbero fare in termini di razzismo, accoglienza dei rifugiati, la misoginia in generale, i fraintendimenti e ignoranze rispetto a razze, religioni, modi di mangiare e musica”. 

Per l’attore è fondamentale opporsi all’ignoranza della società di oggi soprattutto nei leader che ci governano:

“Ci sarà sempre ignoranza, ma quello che spaventa è quando chi dovrebbe saperne di più – i leader internazionali, di aziende e organizzazioni internazionali – sono o pretendono di essere ignoranti per mantenere il potere… Questo è sconfortante. È normale che le persone dicano di non volere votare più perché non si riesce a influenzare nulla, ma l’umanità è governata da piccoli gesti quotidiani, come la storia che raccontiamo in questo film. È una storia bella che ti permette di pensare se vuoi, è un invito a riflettere, senza forzature. Penso che questi gesti piccoli compongono la nostra società, come se hai tagliato la strada a qualcuno, hai la possibilità di chiedergli scusa o continuare a camminare, non hai la possibilità di farlo un’altra volta. Capisco chi non vota, ma è come la morte… non c’è bisogno di lavarsi i denti o saltare un semaforo rosso, morirò comunque no? È questa la ragione per cui le persone si tolgono la vita, diventano arrabbiati e infelici. Li capisco ma mi dispiace vederli, non sono un bell’esempio, ma c’è sempre qualcuno che fa la cosa giusta, più sono è meglio è”.

Viggo Mortensen – appesantito molto nel film – ha spiegato come ha preparato il personaggio:

“Ho preso 20 chili ed è stato un piacere, è stato facilissimo prenderli, quanto è difficile toglierli, ma n’è valsa la pena, lo rifarei! Non ho avuto un dialogue coach, capisco l’italiano e lo parlo, la lingua è una sorta di puzzle. Nella sceneggiatura diceva solo che si parlava italiano e ho chiesto a Peter e a Nick cosa intendevano. Villalonga mi ha detto che suo padre venne dalla Calabria e moltissima gente italo-americana parla un dialetto che è desueto usando parole sconosciute e mescolano altri dialetti o l’inglese. Come nella parola tutsun, quando ho conosciuto la famiglia me l’ha spiegato e viene da tootsie roll una caramella di colore scuro quindi tutstun era una persona di colore. È stato un puzzle, ma è stato divertente metterlo sullo schermo”.

Per portare sullo schermo Tony Villalonga, Mortensen si è ispirato alla sua famiglia e il cibo ha giocato un ruolo fondamentale:

“Ho osservato la famiglia, ero molto nervoso prima di conoscerli, sono stato al ristorante del fratello di Nick, Tony Lips in New Jersey, dove cucinano tutte le ricette di famiglia. Sono entrato e ho detto loro: Non voglio fare una caricatura, voglio rendergli giustizia, so di non potere assomigliarli e ho provato ad avvicinarmi il più possibile a loro per capire la loro visione del mondo. Gli ho chiesto aiuto e mi ha detto: Mangiamo prima! Abbiamo mangiato polpi, dopo due piatti ero pieno e pensavo non dovevo mangiare né a colazione né il giorno prima e mi guardavano come se fossi un topo di laboratorio. Dopo il terzo piatto, pensavo che arrivasse il dolce e, invece, hanno portato altri quattro piatti di pasta e mi guardavano: Non gli piace. E ho dovuto finirlo, e ogni volta che finivo me ne portavano un altro. Dopo cinque ore, è stata una sfida, il cibo mi ha sopraffatto ma abbiamo parlato molto di Tony e li guardavo come si muovevano e mangiavano, ho avuto altri pranzi e incontri ed è stato pazzesco!”. 

Molti dei parenti di Tony e Nick Villalonga hanno preso parte al film come spiega l’attore: 

“Non sono attori, il fratello di Tony interpreta mio padre nel film; l’altro figlio di Tony dà il volto al mio figlio, il papà di Dolores (la moglie) interpreta se stesso. Non è stato facile ricordarsi tutti i nomi e smettere di mangiare. Anche dopo il taglia continuavano, con il segretario di edizione che chiedeva loro di smettere per rispettare la continuità delle scene e loro rispondevano: Continuità? Questi sono cannelloni!” 

Peter Farrelly ha fortemente voluto Viggo Mortensen per questo ruolo e ha avuto ragione: Tony Lip è una delle sue migliori parti:

“Peter aveva ragione, mi ha detto che mi voleva me perché avrei fatto un buon lavoro. Voleva Mahershala perché è un ottimo attore e voleva farci lavorare insieme e voleva mantenere il film reale. Ci siamo divertiti e anche commossi. È stato un viaggio fantastico recitare questo film”.

Viggo Mortensen “l’italiano” vede nel suo futuro anche la possibilità di recitare nella nostra lingua:

“Perché no? Ho girato un film Far From Men del regista francese David Oelhoffen e ho recitato in francese e in arabo, se sono riuscito a farlo… quindi perché no. Non so con quale regista vorrei lavorare, sarebbe un torto nominarne uno. Conosco solo Giuseppe Tornatore, ma avete registi e direttori della fotografia pieni di talento, ci tenete tanto al cinema in Italia”.

Con la speranza di vederlo presto recitare in Italia, non perdete l’occasione di guardare Viggo Mortensen nei panni di un italiano in uno dei film più belli e toccanti dell’anno. 

Green Book è al cinema distribuito da Eagle Pictures.  

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