Elezioni regionali: l’ultima spiaggia del “campo largo” è l’alleanza Pd e M5s

dimissioni di Nicola Zingaretti a giorni

In vista delle prossime elezioni regionali del Lazio, l’idea di riproporre il “campo largo”, quello che ha visto governare insieme alla Pisana Pd, M5s, Italia Viva, Azione, Sinistra civica ecologista e Demos, a oggi sembra destinata a naufragare. Tra smentite e prove di forza manca l’accordo: e ora, l’ultima spiaggia, resta l’alleanza Pd e M5s. Il tempo stringe, le dimissioni di Nicola Zingaretti da governatore del Lazio, a seguito della sua elezione alla Camera, annunciate dopo l’approvazione del collegato al bilancio in Consiglio, oramai sono dietro l’angolo, probabilmente a giorni. E il “modello Lazio” – anche se in “campo ristretto” – sembra essere l’unica alternativa per fermare l’urto del centrodestra, nettamente favorito. Infatti, guardando i risultati delle ultime elezioni politiche, le intenzioni di voto nel Lazio vedono il centrodestra al 45 per cento, a trazione Fratelli d’Italia (32 per cento), il centrosinistra al 26 per cento (Pd al 18 per cento), il M5s al 15 per cento e il Terzo Polo all’8 per cento: il campo “larghissimo”, con dentro il Terzo polo, sarebbe davanti al centrodestra di 4 punti percentuali, con il 49 per cento. Mentre l’alleanza Pd e liste civiche con il M5s arriverebbe a toccare il 41 per cento dei consensi circa, e quindi almeno a giocarsela con la coalizione guidata da Giorgia Meloni. Di questo possibile scenario sono ben consapevoli sia Enrico Letta che Giuseppe Conte e per tale ragione i rappresentanti locali, di fatto, auspicano che alla fine un accordo si trovi, a costo di escludere il Terzo polo, che così si sente “messo ai margini”. In ogni caso, c’è da dire, che i leader del Terzo polo, Carlo Calenda e Matteo Renzi, non hanno mai voluto saperne di un accordo che tiene dentro il M5s: “Si scelga tra populismo e riformismo”, le parole lapidarie più volte ribadite da Calenda.

Le indiscrezioni circolate questa mattina, secondo cui il Pd avrebbe offerto al M5s di proporre un nome da sostenere assieme come candidato alla Regione Lazio per il dopo Zingaretti, sono state smentite prima dal leader del M5s Giuseppe Conte e poi dai leader laziali del Pd. Ma le polemiche non sono mancate, con un tweet di fuoco di Carlo Calenda, leader di Azione: “Spero che Enrico Letta smentisca questa notizia a stretto giro. Ricordo che Giuseppe Conte ha fatto cadere Draghi sul termovalorizzatore. Dargli il potere di decidere il candidato per la regione sarebbe uno schiaffo ai cittadini e una prova di subalternità”. Per aggirare le polemiche, lo staff di Conte ha precisato in una nota: “Il Movimento 5 stelle sta elaborando una proposta per i cittadini laziali collegata” alle dimissioni dell’attuale presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. “La proposta che il Movimento 5 stelle presenterà sarà centrata su un programma politico radicalmente progressista, volto a trovare soluzioni all’altezza delle sfide che il territorio laziale pone. La girandola di nomi che viene alimentata ogni giorno con papabili candidati è una lotteria a cui Conte e il M5s non hanno mai contribuito e a cui non sono interessati a partecipare”.

Al di là delle fresche smentite, Conte sa benissimo che il rischio di correre da solo nel Lazio sarebbe grande, anche perché i nomi più forti sul territorio, ovvero le assessore uscenti Lombardi e Corrado, non sono candidabili in virtù del vincolo del doppio mandato imposto dallo statuto del Movimento. A questo punto la scelta del leader M5s sarà determinante e indicativa, anche per quanto riguarda le prospettive politiche a livello nazionale e il tipo di opposizione che vuole portare avanti. In particolare, se l’obiettivo di Conte è quello di porsi come principale partito dell’area progressista, la scelta non è facile. A livello nazionale, l’alleanza con il Pd, come si è visto, non ha pagato molto a livello di consensi, tanto che questi sono aumentati quando il M5s ha deciso di strappare l’alleanza, portando di fatto alla caduta del governo Draghi e a nuove elezioni. Ma potrebbe anche scegliere la strada della coalizione per tentare una operazione egemonica dall’interno su tutto il centrosinistra, partendo dai territori. Passando al Pd, nessuno vorrebbe far passare il messaggio che è Giuseppe Conte a dettare le regole del gioco. “Nessuno sta decidendo per il Pd chi sarà il candidato alla presidenza della Regione Lazio”, hanno sottolineato, insieme, Francesco Boccia responsabile enti locali Pd e Bruno Astorre segretario Pd Lazio. “La posizione è nota, pubblica e decisa all’unanimità – hanno aggiunto i due esponenti Pd -, ovvero confronto e impegno per costruire insieme alle forze dell’attuale maggioranza regionale la candidatura più unitaria e autorevole per continuare a vincere. Il resto sono ricostruzioni prive di fondamento”.

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