I nuovi cestini stradali in plastica riciclata e altri esperimenti finiti male

Il sindaco Gualtieri presenta con grande orgoglio i nuovi cestini stradali portarifiuti. Sono blu e in plastica riciclata. Ma anche questa volta non si pensa alla raccolta differenziata. E i precedenti, e sono tanti, dove sono finiti? I romani che pagano una Tari altissima vogliono conoscere tutti i costi di queste operazioni

Era il 5 dicembre 2023 quando il sindaco Roberto Gualtieri con enfasi ed orgoglio presentò al Campidoglio i nuovi cestini stradali da posizionare in tutta la Capitale. Cestini in plastica riciclata di un blu deciso simili a quelli in ghisa, attualmente presenti sui nostri marciapiedi, ma che, a differenza dei precedenti, rispettano le direttive delle autorità di sicurezza e che hanno ricevuto l’approvazione positiva dalla Soprintendenza.

I nuovi contenitori in plastica non costituiranno più un pericolo in caso di esplosioni dato che da quelli di ghisa potrebbero partire schegge mortali.

Il sindaco ha, inoltre, annunciato anche che entro dicembre saranno posizionati 18.500 nuovi cestini, con la prospettiva di triplicare tale numero in futuro. Tutto questo nell’intento di rendere omogeneo il panorama della Città in vista del Giubileo.

Va tutto bene, per carità ma, ci vogliono le dita di mani e piedi per contare quanti “modelli” di cestini stradali hanno visto le nostre vie; sicuramente uno, se non di più, ad ogni nuova giunta e ad ogni nuova campagna elettorale. Giusto, Ignazio Marino non ha fatto in tempo ad intervenire sul problema.

Nel corso del 2012 il blog “basta cartelloni” aveva lanciato un’inchiesta/reportage in diverse capitali e metropoli nel mondo per notare differenze e validità rispetto alle scelte della Capitale. New York, preda mirata di vari attacchi terroristici aveva optato per un design molto simile a quello scelto da Virginia Raggi. Un design semplice il cui risultato, però, fu definito dai romani sempre e comunque critici: l'”urna cineraria”. A nostro avviso erano belli e decorosi, il sacco contenitore all’interno era facilmente removibile e l’imboccatura non particolarmente difficile da centrare ma, purtroppo, mancavano i portamozziconi.

Quindi via le urne e avanti con altre soluzioni: dai sacchi di plastica appesi en plein air, orrendi e facile preda dei vari animali che popolano la Città, alle “ogive” con punta affusolata e imboccatura strettissima, piuttosto brutti e impattanti alla vista. E per tutto questo via vai di cestini parliamo solo del centro storico.

Molti dei portarifiuti in ghisa avevano impresso, persino, lo stemma del rione cui erano destinati e, poi dopo la rimozione, pare siano finiti nelle varie periferie o chissà dove altro.

Un’altra sperimentazione (perchè di questo si tratta) fu fatta dall’assessore Sabrina Alfonsi ad Ostia e a San Lorenzo con l’idea, poi, di allargarla al resto di Roma ma, non se ne è più saputo nulla e niente abbiamo visto.

A noi cittadini gravati dalle varie tasse e, soprattutto, da una Tari fra le più alte (il divario rispetto alle altre regioni italiane è di quasi 40 euro in più) ci piacerebbe capire 2 cose: 1) quanto costano e sono costate tutte queste sperimentazioni e dov’è finita la ghisa eliminata?, 2) perchè, accidenti, non si può fare, come in tante altre parti del globo, e mettere i cestini differenziati per carta, plastica e vetro?

Con i nuovi cestini blu avremo sempre e comunque una tale quantità di raccolta di indifferenziata che, vista la latitanza del termovalorizzatore, nutrirà nuove discariche o ulteriori costosissimi treni per l’espatrio della monnezza

foto: La Repubblica riaggiornata da RC

 

 

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